
Se le altre volte si assicurava che" gli investitori ci sono", ma gli stessi hanno dubbi sugli interlocutori societari che non sembrano dare garanzie", oggi la fotografia è limpida e i contorni delle persone raffigurate in alta definizione.
Per cui cade ogni alibi. Vavassori è voce di uno che grida nel deserto? Se è questa la realtà, inutile sperare nei miracoli, rassegnamoci a morire di sete. Se invece, come crediamo, Busto dispone delle potenzialità per regalargli quanto chiede per sviluppare un modello che viene ora apprezzato e imitato da più di una piazza di nobili tradizioni (Alessandria, ad esempio, sta facendo una corte spietata a Cusatis per ripetere il miracolo con i grigi), il futuro sarà piu' rosa della maglia del giro.
Il calcio è passione, ma questa non basta per produrre risultati. Il calcio costa e in questi tempi in pochi hanno la voglia di mettersi in gioco per una squadra di seconda divisione.Chi lo fa con la speranza di dare continuità all’investimento, deve necessariamente farlo con un modello di business aziendale.
Serve quindi produrre qualcosa, Vavassori vuole produrre giovani e per fare questo necessità di una “fabbrica”. Al momento questa manca. Mancano i torni per produrre giovani di valore, mancano gli spogliatoi con gli armadietti dove riporre la tuta di lavoro. In pratica, trattasi d’azienda monca in area produttiva e questo influisce anche sulla gestione del conto economico. Produrre lontano da Busto da outsourcer non coinvolti nel network produttivo aziendale, ha costi proibitivi che dequalificano il rating aziendale. Ne segue la nascita di un brand povero, di scarso appeal sul mercato finanziario, punito ripetutamente dagli investimenti pubblicitari che prediligono altre aziende, seppur confinanti, ma "more fashionable”per i molti lustrini luccicanti spesso visibili in diretta tv.
A proposito di pubblicità, è chiaro che manca qualcosa alla società biancoblù per costruire un indotto commerciale che parta dal merchandising per arrivare alla brandizzazione delle maglie e su questo occorre ragionare. E' anche vero che nessuno ha la bacchetta magica e chi acquista spazi pubblicitari lo fa analizzando una serie di fattori che al momento per la Pro sono perdenti: il contact cost, è l’elemento primario di questa valutazione e dipende dal numero di persone che ingaggiano il brand in relazione al costo sostenuto dall’investitore. Oggi, qualsiasi investimento, produrrebbe un costo contatto altissimo, in quanto la visibilità della Pro è prossima allo zero.
Occorre rinforzarla. Come? Con quello che abbiamo. Non abbiamo una televisione, purtroppo neppure quella web, che era un inizio, ma non è sembrata interessare più di tanto. C’era Rete55, ma non c’è più. Perché? Troppo poco comunque? Si, è vero.
Allora occorre tirarsi su le maniche e allargare il bacino d’utenza in modo diverso, per trovare investitori che possano essere coinvolti per”passione” e non per “business”.
Il coinvolgimento delle scuole ha generato interesse dilagante, per ora è stato solo dedicato ai ragazzi e ai genitori, ma forse uno sponsor in grado di legare a sé le prossime actions in maniera forte potrebbe trovare stimoli emozionali per mettersi in gioco.
Lo fanno anche le multinazionali senza vergognarsene, basti cercare sul web dixan per la scuolae il modello è già lì bello pronto. Basta riprodurlo e siamo certi che in molti lo sposerebbero. Scommetiamo?
Marketing emozionale che potrebbe coinvolgere anche le istituzioni i cui contatti con le realtà del territorio dovrebbero facilitare investimenti che certifichino l’azienda in un modo diverso. La creazione di un marchio; “made in Pro Patria” da esporre sulla vetrina, magari con una tessera fedeltà che promuova collection con premi biancoblù quali gadget ufficiali, ma anche abbonamenti in regalo, potrebbero costituire una spinta per investire in Pro Patria. Un modo per coniugare il business alla passione e per generare un network biancoblù che trasmetta appartenenza.
Le vetrine rosa a detta del sindaco sono state un successo, se così fosse, perché non colorarle di biancoblù per ottenere un analogo risultato?
L’impressione è che ,da ambo le parti, ci sia un po’ d’immobilismo e si attenda sempre che qualcun altro faccia qualcosa per accodarsi. Occorre invece scrollarsi di dosso ogni passività e sposare la dinamicità. Ci sono 800 tifosi, lo zoccolo duro, che non chiede altro che essere coinvolto in progetti pro “Patria” e si è dimostrato con le molte attività svolte durante l’anno. La Pro è entrata nelle scuole ed è stato un successo, l'assessore alle cultura ora ha l'occasione per rendere strutturato il modello, offrendolo alle scuole di Busto tramite iniziativa comunale. Si puo' fare? Facciamo anche qualche concorso per i ragazzi? Disegna la maglia della Pro, il logo, la mascotte, un articolo da pubblicare sulla stampa locale, un'iniziativa diinterscuola con ragazzi di altre nazioni per esportare il brand biancoblù oltre confine. Difficile? No! Fattibile ? Si!Qualche sponsor interessato? Probabile!
Abbbiamo tifosi che a volte fischiano, ma spesso fanno e hanno voglia di fare. Teniamoceli stretti. Abbiamo un patron che spesso brontola e soffre di fascite per la molta sabbia che le sue scarpe hanno imbarcato, ma che ha fatto molto per la Pro e ancora vorrà fare, teniamocelo stretto. Abbiamo una città che non può vivere solo di Giro d’Italia o di Baff o di Yamamay, ma deve vivere anche di Pro Patria. Svegliamola!
Questa e’la sfida che deve coinvolgere tutti a partire da subito Una sfida da vivere tutti insieme , ognuno nel proprio ruolo, ma con proattività, dinamismo e voglia di fare.
Risvegliamo in città l’amore per la Pro Patria per creare un brand forte che possa coinvolgere l’interesse di tutti. Un brand che oggi costa poco sponsorizzare, ma domani, e Novara insegna, potrebbe essere appetibile sul mercato con diverso appeal. E quel giorno, chi ci avrà creduto da sempre, potrà far valere ampi crediti.
Flavio Vergani
2 commenti:
Bravo Vergani..ma sinceramente vedi una struttura della società pronta per tali discorsi? A me sembrano solo tanti cagnolini che si sono gettati sull'osso
Parlo da uomo normale e non da esperto di marketing, quindi le soluzioni che vedo sono quelle che persone con un vissuto come il mio possono solo immaginare.
Il primo passo è stato avvicinare le scuole e tanto di positivo abbiamo visto, ma le scuole di Busto sono molte di più e vanno contattate tutte. Dalle scuole superiori usciranno dei padri o delle madri e mi auguro dei futuri imprenditori , quindi futuri sponsor: li andrà concentrato ogni sforzo, li va gettato il seme per crescere un albero sano e vigoroso.
È un investimento a lungo termine si sa, ma a questo dobbiamo puntare, perché il ceppo dei tifosi PRO è naturalmente destinato a ridursi e non saranno certo un centinaio di spettatori in più,legati al momento favorevole della squadra, a cambiare le sorti della Società che amiamo.
Faccio un banale esempio, un elemento di conoscenza e propaganda, come potrebbe essere “il tigrottino”, non andrebbe regalato allo stadio per vederlo miseramente finire sotto il sedere di qualcuno. Un organo di stampa sportiva come quello, va messo in omaggio in ogni edicola della città e dei paesi limitrofi, andrebbe fatto trovare SUL BANCO DI OGNI STUDENTE Bustocco. Tra le pagine del giornalino ognuno dovrebbe trovare di tutto e un po’ che riguardi la PRO e il suo mondo, ma anche della filosofia di fare sport si deve parlare. I ragazzi, i loro amici, le loro famiglie e quelle che si formeranno, questa è la catena che alimenta le cose, di conseguenza ognuno conoscerebbe meglio il sacrifico che Dirigenti onesti, tante persone, tifosi compresi, impiegano per mandare avanti Società come la PRO.
Dalla conoscenza arrivano gli aiuti, calcolando anche che ci vorrà tanta pazienza , perché la gente è stanca della corruzione e del malcostume che da troppo dilaga nel mondo del pallone.
Non è facile per un Patron, un Presidente, per gli Addetti ai lavori accettare questa sorta di silenzio davanti a progetti ben fatti, lo scoramento per le troppe promesse infrante e la delusione davanti a critiche a volte ingiuste è forte e lo stupore ancora di più, perché tutto sommato quando si parla di giovani e di scuole è al loro futuro che pensiamo. Non dimentichiamolo, il vero scopo di chi crede in questa filosofia non è solo avere uno stadio pieno, ma togliere i giovani dalla strada, dare loro attraverso lo sport uno sbocco, una cultura di vita sana che poi loro tramanderanno ad altri e che seguiranno anche nel mondo del lavoro. Il calcio rimane un tramite, solo il risultato finale conta: è una scommessa che va molto oltre la vittoria in un campionato, è una missione che ogni cittadino ha l’obbligo di compiere.
Nei vertici del calcio nazionale, in tanti hanno parlato di questa PRO e del suo “progetto giovani”, portandola come esempio a Società che, ( vedi la combine di Entella-Rimini, le proteste del Mantova dopo il nostro terzo goal) non hanno capito nulla di come le cose nel mondo del calcio dovrebbero andare, non hanno capito che nulla potrà essere come prima e che l’unica filosofia perseguibile è quella di vedere ad ogni rete un salto mortale come quello che Comi ha fatto segnando l’ultimo goal di campionato, dove il salario e la bella vita non contano un cazzo rispetto al desiderio di giocare, di vincere per la propria maglia, di far felice tifosi e i dirigenti che credono in te.
Ecco perché vale la pena di lottare, credere, proporre e sperare di riuscirci, senza pensare che altrove sarebbe meglio, perché ovunque nulla sarebbe scontato… poi diciamocelo chiaro, gli obbiettivi sudati e conquistati anche tra mille difficoltà, danno più gioia.
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