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E’ lunedì e purtroppo è diventato d’abitudine leccarsi le ferite per la partita precedente, manco fossimo “i gatti di Busto” anziché le Tigri.

In tutto questo marasma (sempre se esista nel vocabolario aggettivo calzante alla nostra situazione) ecco che leggo e sento della prossima, ma che dico, ennesima “decapitazione” dell’allenatore, convincendomi che alla guida (?) della Pro Patria c’è Enrico VIII che tagliava la testa alle mogli che non erano in grado di dargli un figlio maschio … facendo quattro conti stiamo per pareggiare il record dell’illustre sovrano inglese e come allora, se Enrico ammazzava le mogli perché non erano in grado di dargli eredi maschi (senza pensare che la causa fosse lui), qui non ci si è resi conto che se nell’impasto manca l’ingrediente principale la pasta non lievita.

Mica è finita qua, aspettate, non ci facciamo mancare nulla … in campo abbiamo dei giocatori che paiono usciti dal libro “Dottor Jekyl e mister Hyde” … come è possibile che alternino partite gagliarde come quelle con il Pavia a partite che farebbero pensare di trovarsi su “Scherzi a parte”? Sinceramente non so voi ma io mi vedo i nostri buoni tigrotti ormai passati a miglior vita fermi a bordo campo che, durante quelle partite da codice penale, invece di piangere cercano vicendevolmente di accecarsi per non vedere quello scempio …

Infine l’emblema, secondo me, dei tempi in cui viviamo, Matteo Serafini. Il buon Matteo rappresenta secondo me il simbolo di questa Italia in cui molte persone, giovani e meno giovani, sono dotati di un gran talento ma sulla loro strada trovano dei “filibustieri” che, pur di sfruttare le loro capacità, gli promettono mari e monti. Questi inizialmente, essendo di buon cuore, decide di abbracciare in toto la situazione ma, dopo aver visto che i suoi sforzi non sono ripagati e alle parole non corrispondono i fatti, decide, con la morte nell’anima, di abbandonare tutto ed emigrare all’estero. Mi sbaglio o no? Matteo, invece di contare i soldi come il santo di cui porta il nome prima che cambiasse vita, si trova nell’atroce dilemma su cosa fare perché, da persona con la schiena dritta, non vuole lasciare la barca che affonda e deludere tutti quei tifosi che a lui hanno dato tanto trattandolo come uno di famiglia, e non come uno che dà calci al pallone facendoti divertire la domenica.

In tutto ciò ecco che ieri sera, con l’umore pari ad una Madonna Addolorata,  mi arriva una chiamata da un numero sconosciuto: “chi sarà” mi sono chiesto ed ecco che dall’altra parte del telefono mi risponde Dario Argento che si propone come nuovo mister della Pro. “Carissimo, qui le trame per un mio film non mancano … un dirigenza che taglia teste di allenatori peggio che nell’età del Terrore di Robespierre, persone sedotte e abbandonate che cercano vendetta, folle inferocite manco fossimo alle Primavere arabe, rivisitazione dell’Ultima Cena con tanti novelli Giuda … secondo te mi lascio scappare un’opportunità del genere da oscar … ho già il titolo “Profondo biancoblu”. Che ne dici, magari contatto pure Tarantino per la sceneggiatura … “ Amare risate le mie.
Infine una piccola considerazione: ma chi ha il bastone del comando non si sente umiliato quando un giocatore dalla caratura di Serafini decide di abbandonare la fascia da capitano? Vi dico solo una cosa … non provate a dire che Matteo è come quei capitani delle navi che abbandonano la nave quando sta affondando … no signori, Serafini casomai è quei capitani della navi che si rifiutano di partire dal porto perché la barca  in camera acqua e non è in condizioni di partire, sebbene gli armatori pensino il contrario!

Caro Matteo, magari manco sai chi sono, ma sappi che hai tutta la mia stima e affetto.
Andrea D'Emilio

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