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Quando si parte per una trasferta collettiva l'emozione non manca, capisci che non sei solo e capisci che le tue sensazioni sono quelle di chi ti sta intorno. Se la trasferta è a 1200 km da casa però, l'emozione è più grande ancora.  Non ti importa che l'orario del volo sia  infame e ti costringerà a fare una levataccia, non ti importa delle ore di attesa. Tu ci sei e tutto il resto è secondario.   Appena atterrati ad Alghero l'aria di mare ti assale, macchina a noleggio e un'invitante camera come base per la sosta in quel della Sardegna solo per la nostra squadra, ma non intesa come organico calcistico. Il pranzo pre partita è un classico, chiedi i pronostici e provi a farti valere contro il pessimismo con statistiche e dati di qualsiasi tipo, per poi capire che le statistiche e l'ottimismo non servono davanti a difficoltà e valori complessivi bassi oggettivi e chiari agli occhi di tutti. Mezzo toast come pranzo vicino allo stadio, speri che la Torres sia tirchia come chi ti ha servito il toast e ti dirigi allo stadio. Ormai è l'ora della partita sei lì per quello e speri che vada per il meglio. Ventisette persone nel settore ospiti, la sfida ha inizio: terreno in buone condizioni, si alza il vento, il primo tempo è da sonno, poche occasioni, la Pro ci prova ma la prima frazione termina 0-0. Comincia la seconda frazione e può cambiare la partita a nostro favore: Serafini a porta vuota si divora l'occasione per portare avanti la Pro tirando addosso allo stopper della Torres Marchetti. Basta. Partita finita. Luce spenta. Segna Maiorino su rigore, segna  Marinato con uno slalom speciale nella difesa biancoblù, triplica Maiorino e c'è anche spazio per l'autorete di Guglielmotti. Pensiero immediato: se anche a  Serafini e Guglielmotti, che in diverse occasioni hanno segnato oppure hanno comunque regalato una prestazione più che  sufficiente, succedono queste cose, allora si mette veramente male.  Sul 4-0 ti chiedi chi te l'ha fatto fare... La partita finisce e tre giocatori che la maglia la sentono restano da soli sotto il settore ospiti, per loro non è una maglia come tante. A loro importa davvero, tutti gli altri sono già in spogliatoio, magari qualcuno sta già pensando come far serata una volta atterrati a Linate qualche ora dopo.  Di partite così anche fare un'analisi è difficile nonchè inutile. L'unico mio pensiero è stato: si parla del mercato, e dei rinforzi, certo questa squadra si potrà rinforzare, ma i buchi da tappare sono tanti, troppi forse. Lo spettro  della Serie D ora c'è e nemmeno della Serie D tramite playout. Te ne vai arrabbiato, ma quando ti  ritrovi con la tua compagnia di viaggio per il resto del pomeriggio capisci che ne è valsa la pena lo stesso, che di esperienze così ne esistono poche, che lo hai fatto per te e per quello stemma, per quella maglia, per nessun altro.  Sono esperienze che rimangono per sempre, in ventisette per una squadra che al giro di boa si teme possa retrocedere in Serie D a meno che succeda qualcosa che, sinceramente, pochi si aspettano. Al ritorno è tempo di riposare un bel po', le ore di sonno perse sono tante quante la stanchezza  appena atterrati di prima mattina. Si ritorna tutti a casa, tornano a casa tutti e 27 i presenti a Sassari, loro in quel settore ospiti non avevano addosso la maglia, ma l'hanno stampata sul cuore, sempre. Gli applausi li meritano quei 27 e quella maglia. Al termine di molte partite si dice: GRAZIE RAGAZZI, anche questa volta va detto, ma ai ragazzi che hanno vissuto insieme a te un'esperienza indimenticabile: 27 migliori in campo. 

Alessandro Bianchi

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