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Leggendo le pagine dei giornali e sentendo le opinioni più disparate di chi è più vicino alla Pro Patria ne esce un quadro sempre più sconsolante.
La Pro è ahimè come un malato terminale in coma e che si trova su di un letto cui attorno ci sono tutti i suoi parenti che devono decidere il dà farsi; da una parte ci sono i parenti più stretti che non vogliono staccare la spina (noi tifosi) mentre dall’altra ci sono quelli che si vedono ogni “morta di papa” che invece non vedono l’ora di staccarla al più presto, come se quella persona sia diventata una scarpa vecchia da buttare. Queste persone cercano di convincere gli altri all’espianto di organi vitali non per il bene del degente ma per accelerarne il decesso, millantando che ciò farebbe bene al loro caro. Anche se un po’ forte mi sembra questo l’esempio più calzante per spiegare la situazione della nostra Pro alla quale si vuole privare l’organo più importante, il cuore, che ha la faccia di Matteo Serafini che, in una nostra ipotetica “hall of fame” farebbe parte di diritto tra coloro che meglio hanno impersonato il carattere e i valori della Pro. Tutto ciò vuole essere fatto passare come sacrificio necessario per il futuro … ebbene “io non ci sto”!
Partendo dal presupposto che si spieghino di quale futuro parlano, mi piace e trovo calzante riprendere in questo caso le parole dell’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, il quale si opponeva al gioco al massacro mediatico di Tangentopoli; seppur per ragioni diverse facciamo nostre quelle parole, stufi di essere ancora “presi per il naso” perchè magari, a detta di qualcuno ai piani alti, noi tifosi non brilleremo d’intelligenza ma abbiamo ancora un cuore e vogliamo tenere ancora in vita il nostro “malato”, sperando che la nostra pazienza sia ripagata e avvenga quel miracolo che noi tutti speriamo. I tifosi della Pro sono in questi giorni come Paperon de Paperoni che difendeva, con tutti i suoi mezzi, la sua “numero 1” (Serafini) dalle grinfie della strega Amelia che, rubandola, la voleva usare per le sue magie.
In più non ci stiamo più a tutte queste voci di corridoio su una soluzione societaria in breve tempo o inventandosi a parole un fantomatico mercato che manco al fantacalcio uno farebbe … oramai abbiamo chiuso le porte di quei corridoi e ci siamo trasferiti in sala d’aspetto desiderosi di avere buone nuove dalla sala operatoria. Non ci stiamo inoltre alla ridicolizzazione della nostra passione, quasi fossimo gli “scemi del villaggio”, o alle reazioni stizzita quando diciamo che le cose non vanno, senza rendervi conto che se la dirigenza facesse le cose “come Dio comanda” ci avrebbero al nostro fianco come abbiamo sempre fatto con chi si è impegnato per il bene della Pro nel passato. Forse questo nostro grido e disappunto è stato colto dai giocatori che nell’ultima partita hanno messo in mostra quel che chiedevamo, dimostrandoci finalmente quel rispetto che noi meritiamo e che lo loro meriteranno se continueranno su questa via, sperando solo che non abbiano giocato così solo questa volta per mettersi in mostra agli occhi della dirigenza della prima della classe.
Infine mi rivolgo al “padrone del vapore”; non agisca come forse fece l’imperatore del Giappone durante la seconda guerra mondiale il quale, trovandosi accerchiato dai suoi generali, non ebbe la forza d’impedire il massacro cui andò incontro il suo popolo, muovendosi solo quando era ormai tardi. Per favore, non aspetti Hiroshima e Nagasaki per agire!
Andrea D'Emilio

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