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Resto attonito e con gli occhi fissi sul video in cui scorrono le immagini di Parigi, una ferita ancora aperta per l’intero mondo civile e la prova provata di un odio feroce che cerca ma non trova una giustificazione religiosa.

Di fronte a simili avvenimenti parlare di calcio e delle nostre meschine sofferenze può apparire offensivo, oppure c’è il rischio che la rabbia offuschi il ragionamento, proprio come i terroristi vorrebbero.

E’ anche vero che il nostro “diversamente Patron” sta ottenendo il frutto sperato della sua semina malefica, inaridire in ognuno di noi la voglia di parlare di una Pro Patria che ha da tempo cessato di essere un nostro patrimonio storico per essere solo sua, umiliata e ridotta come mai in passato, qualcosa di distante da ogni tifoso ed alle cui tristi vicende ci si sta ormai abituando, così che si possa farne liberamente ciò che si vuole.

Eppure la tentazione di gridare la mia rabbia e di accostare ironicamente (non sembri una mancanza di rispetto per le vittime francesi) le due realtà mi ispira il pezzo che state leggendo.

Anche per noi c’è un Imam lontano, corvocrinito, vecchissimo e difficile da spodestare, che sembra odiarci di un malanimo antico.

Sotto di lui, in rigoroso ordine gerarchico, sta un altro predicatore che ha sviluppato un rancore feroce per Busto e i suoi tifosi, rei di non averlo compreso e venerato come si conviene (e come alcuni poveri di spirito facilmente plagiabili hanno fatto) e soprattutto di averne offeso il figlio unigenito, sedicente portiere le cui epiche gesta sono narrate nei Vangeli secondo Pizzaballa.

Anche qui, come a Parigi, abbiamo delle cellule dormienti (in campo), soggetti che si muovono nell’ombra e che da lì colpiscono cercando,  riuscendoci benissimo, di creare più danni possibili.

A Busto, come altrove nel mondo, vi sono poi soggetti sapientemente indottrinati capaci di venerare il Supremo Affossatore senza porsi domande e prendendone per oro colato i pochi farneticanti sermoni fino all’estremo (nostro) sacrificio.

Come per le menti occulte del fondamentalismo islamico, unica ideologia è anche qui il denaro (altro che i sentimenti) ed unica religione è da noi il ritorno economico garantito dall’impiego di giovani di qualsivoglia caratura.

Uomini che appaiono e scompaiono, tornando evidentemente sotto copertura, con misteri e logiche che sfuggono alla comprensione di noi poveri osservatori esterni.

Come in Francia e nel mondo civile, così a Busto Arsizio, dobbiamo reagire restando uniti e non consegnandoci al nemico senza gridare la nostra rabbia e la nostra voglia di libertà dal terrore in cui si sta tentando di sprofondarci.

Potremo anche scomparire, chiudendo il cerchio di questa disgraziata stagione, ma non dovrà vincere chi ha dato prova di non “amarci alla follia”, per usare un eufemismo, e ci usa da tempo come merce di scambio in rapporti poco chiari.

Deve prevalere la speranza in un futuro più dignitoso, in qualsiasi categoria ma con schiena dritta e laico orgoglio di autodeterminazione.

Siamo tutti Charlie e non il Carlino; quello lo lasciamo al signor Vavassori ed ai suoi cantori.
 
Marco Grecchi
 

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