Stamattina tutti i tifosi
della Pro Patria si sono svegliati e si sono sentiti più soli dopo aver appreso
la notizia della scomparsa di Emidio Cavigioli. In un momento storico in cui la
Pro si trova ad un bivio la perdita di una figura come Cavigioli, che avocava a
sé tutto quello che per noi rappresenta la Pro, non aiuta certo a rasserenare i
nostri animi già provati dalle recenti vicissitudini.
Chi era Cavigioli? Star
qui a snocciolare tutta la sua storia diventerebbe ripetitivo, tanto che
probabilmente tutti noi ci siamo documentati per sapere le gesta che quest’uomo
ha fatto con la nostra maglia. Quelle che mi preme qui ricordare è quello che
per lui e per gli altri del suo tempo la maglia, la squadra e i tifosi hanno
rappresentato.
La maglia per la gente
del tempo e della tempra di Emidio non era un semplice indumento da indossare
la domenica (eh si allora si giocava la domenica e ad orari decenti) per
coprire il busto o un semplice mero strumento lavorativo che ti permetteva di
portare a casa la pagnotta. I giocatori di allora, a dispetto di oggi, quando
la mettevano si sentivano investiti di una responsabilità tale nei confronti
dei tifosi quasi come essa fosse il simbolo di un contratto stipulato con loro.
In campo davano tutto e cercavano di onorarla al meglio perché sapevano che non
era solo una maglia di stoffa o cotone bensì davano il giusto peso ai valori
che rappresentava. Al primo posto poi insieme alla maglia c’era la squadra e
loro, casomai, venivano al secondo e difficilmente facevano pesare i loro
meriti acquisiti in campo mantenendo poi un rapporto cordiale con la tifoseria,
senza mai sottrarsi ad un civilissimo
confronto che alle volte sfociava in rapporti di stima e amicizia reciproca. Se
allora non era un caso che un tifoso e un giocatore della Pro fossero amici e
si frequentassero al di fuori dello stadio, oggi invece si è perso quel
rapporto tifoso-giocatore che era il cemento dello sport di quei tempi tanto
che i moderni calciatori non si confrontano più con essi, nemmeno in una
informale semplice chiacchierata, tenendo alle volte una tale distanza che
manco i Papi, che ne avrebbero diritto, tengono con i fedeli, manco ch essi fossero
delle entità divine inavvicinabili. La maggior parte di questi è allergica a
tutto ciò e quando osi fargli un appunto ecco che alle volte ti guardano male e
ti senti rispondere “senza di me voi chissà dove sareste!”. Questa è gente che
magari fa due goal in un match con una squadraccia qualsiasi, tipo il Legnano (
J
), e si sente un “dio in terra”, quando a quei tempi gente come Cavigioli si
scherniva anche quando andava a vincere e non condannava nessuno quando
perdeva. Oggi invece tutti contro tutti, nessuno sostiene l’altro, giocatori
che collezionano maglie manco dovessero riempire l’album della Panini e …
poveri noi!
Badate che comunque non
si fa di tutta un erba un fascio, perché come ci sono le “mele marce” oggi c’erano
anche ieri ma mi sembra giusto, in questa triste occasione, fare una
riflessione sul calcio di oggi e quell’allora e di come il primo sia di gran
lunga peggiore dell’ultimo con giocatori che, più che atleti, si credono star
del cinema, capricciosi che mollano la barca alla prima difficoltà o che
decidono di andarsene se non giocano invece di guadagnarsi il posto, e
preoccupati più della loro immagine che delle loro prestazioni in campo.
Esempio di come sono
cambiati i parametri di oggi e di allora nel calcio; un giocatore guadagna
milioni di euro, fa solo due goal in un anno ma per i giornalisti è un fenomeno
e questi, oltre a condizionare il giudizio della massa, fanno credere a
quell’atleta di essere un campione affermato e magari incompreso dalla società
d’appartenenza, cosa che uno che guadagna cifre del genere dovrebbe fare bel
altro. Per la morte di Cavigioli, che da calciatore certe cifre se l’è sognate,
uno che ha giocato contro Valentino Mazzola dando vita a sfide epiche, a parte
i giornali locali forse avremo un piccolo trafiletto su un quotidiano nazionale
in un posto non visibile a tutti mentre forse i notiziari sportivi televisivi
manco ne faranno menzione.
Diciamolo; forse non è
tutta colpa dei giocatori se si sentono tutti fenomeni, senza poi esserlo, ma
anche di questi pseudo-giornalisti che ne fanno delle star buttandogli fumo
negli occhi, facendogli credere di essere più di quelli che sono e che se le
cose vanno male è colpa degli altri e mai loro.
Probabilmente sono andato
un po’ fuori tema ma questo mi è sembrato il miglior modo per onorare
Cavigioli, un fenomeno che, ai tempi d’oggi, avrebbe potuto vivere di rendita
per quello che ha fatto ma che forse avrebbe barattato volentieri per il bene
della squadra. Arrivederci Emidio, sei nelle leggenda, e per questo non mi
piace la parola addio perché per noi sarai sempre vivo nei nostri cuori e
perché, se crediamo che oltre questa vita ce ne sia un’altra, siamo sicuri che
ci aspetterai nell’alto dei cieli per vivere altre avventure con la maglia
della Pro (che per lo più s’intona con i colori del cielo!).
Andrea D'Emilio
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