La Pro Patria
perde per tre a zero a Pordenone proseguendo il suo mesto cammino verso la
serie D. Che i pronostici fossero tutti a favore dei neroverdi era del tutto
scontato visto che dopo la retrocessione dello scorso campionato i locali hanno
messo mano al portafoglio per scucire i famosi cinquecentomila euro utili al ripescaggio,
costruendo una squadra di alto livello e pronta per il salto di categoria, ma
dai tigrotti ci si aspettava molto di più a livello caratteriale. Invece, il
copione è sempre quello di una squadra che si difende con i denti senza avere
un minimo schema offensivo che possa infastidire l’avversario. Il ritornello
della mancanza di una punta non può e non deve costituire un alibi in grado di
zittire altre analisi. Non tirare nello specchio della porta per tutta la gara
con in campo Santana, Pià, Vettraino e Marra è elemento che merita una
discussione tecnica. I primi due
sono noti al mondo intero, il terzo, come dice il presidente ha qualità, l’ultimo ha realizzato 14 reti in
serie D lo scorso anno. Tutti imbrocchiti simultaneamente? Oppure, mancanza di
schemi offensivi in grado di valorizzare le qualità dei giocatori? Il paradosso
di quest’ anno è di non sapere il reale valore delle punte in quanto lo stesse
non vengono mai messe nelle condizioni di segnare un goal, se fossero brave,
oppure di sbagliarne a ripetizione nel caso fossero inconsolabili “pippe”. Gli
attaccanti girano spesso al largo dalla porta avversaria, rincorrono l’avversario
in fase di copertura, o vengono servite da sciabolate rigide provenienti dalla
difesa con scarse possibilità di controllo della palla. Triangolazioni,
uno-due, servizio sullo smarcamento sono fondamentali del calcio impossibili da
vedere in 90 minuti di gara. Il dubbio che accanto al ritornello della mancanza
di una punta occorre aggiungere anche la mancanza totale di un gioco offensivo
organizzato sta diventando una realtà dopo gli arrivi a Busto di due giocatori
offensivi di qualità indiscutibile. Non si dice di
vincere a Pordenone, ma nemmeno di non vedere la porta per 90 minuti. Il bellissimo libro di
Giacomelli aiuta a ricordare la Pro Patria del campionati 1995/1996 quando lo
stratega Beretta, venutogli a mancare il centravanti Gori ,ripiegò su uno schema alternativo
che prevedeva La Falce, Morgandi, Vitalone e Brizzi(o Ferretti). Ossia, tutti
centrocampisti offensivi o mezzepunte di movimento. Ebbene, chi c’era
si ricorderà la qualità della manovra offensiva che viveva non di fisicità, ma
di movimenti sincroni e schemi precisi. Una scelta alternativa che portò i
tigrotti al play off. Forse ha
ragione l’amico Giordano Macchi quando dice che questa squadra dovrebbe seguire
l’esempio del football americano che prevede un allenatore dedicato alla fase
offensiva e uno a quella difensiva. Due punti in
sei partite, in altra situazione avrebbero aperto la crisi tecnica, qui ormai
siamo alla rassegnazione, ma almeno si rifletta sul presente per meglio
impostare il futuro.
Flavio Vergani
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