1978 ANNATA D.O.C. |
Matteo, era inevitabile?
Direi di si, sono andato via per
cause di forza maggiore. Non si capiva cosa sarebbe successo dopo il disimpegno
di Vavassori e, a parte una telefonata del direttore sportivo Alessandro
Merlin, nessuno si era fatto vivo con il sottoscritto. Per cui ho preso atto
della situazione e ho scelto Venezia.
Poi è successo quello che è
successo…
Purtroppo, nonostante l’arrivo di
persone nuove, la realtà non è cambiata e questo mi è molto dispiaciuto.
Però nel mercato di Gennaio potevi
tornare, oppure no?
C’è stata una telefonata di
cortesia della signora Testa, ma nulla di più. Ci siamo fatti gli auguri di
Natale. Tutto qui, senza aver ricevuto una proposta concreta.
Così ti sei divertito a vincere un
altro campionato.
Si, venti reti, quindici assist,
vinte trenta partite su quaranta. Non mi lamento. Mi sento ancora in piena
forma fisica e con il giusto equilibrio mentale, per cui in settimana mi
incontrerò con la dirigenza per parlare del futuro.
Che comprende un ritorno a Busto?
La Pro Patria è una delle tre
squadre nelle quali ho militato che sceglierei per un ritorno. Ma, non credo
sia possibile che questo avvenga. Come Calzi ambisce ad avvicinarsi a casa,
anche io ho lo stesso desiderio, per cui il mio futuro dovrà essere vicino a
casa mia. Ora abito a Treviso e questo aiuta a vivere serenamente la mia vita
extra calcistica.
Questo da calciatore, ma poi…
Il dopo calcio è tutto da
scrivere, ma ho avuto garanzie dal Venezia per un ruolo societario. Qui hanno
grandi ambizioni e si creeranno opportunità in tutti gli ambiti societari. Per
cui, sarei felice di sposare questo progetto in una nuova veste. Avrei voluto
fare lo stesso a Busto, ma le condizioni sono cambiate e non ho percepito esistesse
questa possibilità per cui ho scelto Venezia. Mi spiace solo per aver giocato
nella Pro Patria 199 partite, non mi è andata giù di non disputare la
duecentesima.
Un Serafini che a 38 anni segna
molto più di tanti presunti baby fenomeni...
Oggi un genitore che ha il figlio
nel settore giovanile è convinto che avrà un figlio calciatore e
spesso fa l’impossibile per far si che il desiderio si avveri. Il calcio ha una
selezione naturale che non può essere influenzata da altri fattori. Se hai i
numeri giochi, altrimenti no. Inutile insistere.
Che dici di Vavassori, lo senti
ancora?
No, sento il direttore Ferrara
ogni tanto, ma il patron l’ ho perso di vista.
A Busto eri l’idolo di Silvio
Peron, giornalista della Prealpina. Anche a Venezia c’è qualcuno che stravede
per te?
I giornalisti fanno il loro lavoro
e in queste categorie uniscono la passione per la squadre del cuore con la
professione che esercitano. Sotto questo profilo sono encomiabili visto che
impegnano i week end per seguire la squadra a discapito della famiglia. Vi do
atto che questa passione è un valore aggiunto che si percepisce quando si
leggono i vostri articoli che trasudano di attaccamento ai colori locali.
Salendo di categoria questo aspetto si perde e si trova più distacco. Con Peron
non sono mai andato a cena e neppure preso un caffè, seppur lo farei con
piacere, ma, evidentemente, la sua stima nei miei confronti nasce dal campo e
da quello che ho saputo regalargli durante la mia carriera. Comunque, io ho
avuto rapporti belli con te, con Castiglioni, con Toia e con chi ha sempre
rispettato i ruoli. Pochissime volte mi è capitato di alzare il telefono per
rivendicare qualcosa ed è capitato solo
quando non mi sono sentito rispettato. Poi, alcuni li preferisco per lo stile
con il quale scrivono e altri meno, ma fortunatamente siete tutti diversi e non
si può piacere a tutti. Sono sempre stato al servizio dell’azienda che mi ha
dato la possibilità di lavorare con grande disponibilità e passione, credo che
Silvio, più di altri, si sia accorto di questo.
Un'altra vittoria a Venezia,
questa volta più semplice rispetto al passato?
Non direi. La pressione era alta,
dovevamo vincere obbligatoriamente e da noi “anziani”ci si aspettava il valore
aggiunto. Non è semplice sopportare questa pressione, soprattutto alla mia età.
Alla fine abbiamo vinto, ma pagato lo stress accumulato con una prestazione non
all’altezza nella finale scudetto.
Quindi, unica possibilità di
rivederti allo Speroni sarà in Pro Patria Venezia, in caso di goal alla tua ex
squadra esulteresti?
L’esperienza di qualche anno fa mi
servirà. Ero stato ceduto dall’Arezzo al Siena e lì per sei mesi me ne
capitarono di tutti i colori con poche presenze in campo. Venni ceduto al
Catania e la prima partita dopo il lungo
calvario fu proprio con l’Arezzo. Segnai un goal e per rispetto verso i nuovi tifosi esultai. Cadde il mondo!
Mi accusarono di non aver rispettato i colori dell’Arezzo con i quali vinsi un
campionato. Per cui, dopo sei anni di Pro Patria direi che non è proprio il
caso di esultare se dovessi segnare da ex tigrotto.
Flavio Vergani
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