Un popolo con poche certezze e tante amarezze si è
aggrappato alle sue bandiere, abbracciandole. Legami stretti fatti con nodi impiombati per non essere
buttati a mare dalla tempesta che a Busto c’è da quasi sempre, seppur il
mare non si sia mai visto. Capitani coraggiosi che con fierezza hanno tenuto alta la bandiera,
anche quando l’equipaggio faceva acqua da tutte le parti. Gente rimasta nel cuore di chi si è sentito rappresentato,
difeso e sorretto anche quando a Busto sono sbarcati corsari, mercenari e pirati. Punti di riferimento amati da sempre e per sempre che si
vorrebbero tutti insieme a Busto, trovandogli un posto a ciascuno, per continuare
a vederli e avere la certezza di essere in buone mani. In campo o fuori, non importa, quello che conta è la
tranquillità che la loro presenza ha sempre trasmesso grazie ad una carta d'identità intonsa che ne certificava la serietà. Quando questo non accade l’amarezza è molta e le paure
riaffiorano, perché il passato insegna e ricorda coincidenze da incubo. Succede anche nel presente con la rinuncia al capitano
bustocco Michele Ferri. Inutile far finta di niente, la rinuncia ha lasciato
perplessi molti, forse tutti, che si aspettavano una ripartenza con i bustocchi
in campo e fuori. Soprattutto dopo aver visto che non tutte le bandiere sventolano
allo stesso modo, a partire da quelle mondiali ammainatesi a mezz’asta dopo il
primo refolo di vento. Forse è tempo di cambiare prospettiva e avere più fiducia e
più coraggio uscendo dagli schemi del passato. Se prima ci si sentiva protetti
dalla presenza di “istituzioni biancoblù” quali Serafini, Calzi e lo stesso
Ferri, che in tempi e modi diversi sono state garanzie per la tifoseria e punti
cardinali di riferimento per i marinai in biancoblù, ora è il momento di
sdoganarsi dalle paure del passato affidandosi ai nuovi comandanti con nuove
certezze. La barca arrivata alla deriva sta per essere rimessa in mare
allontanandola dalle secche nelle quali si era incagliata. Non sarà semplice ritrovare il maestrale che la possa
spingere lontana, ma ognuno con in mano il proprio remo potrà spingere nella
giusta direzione. Più remi che bandiere potrebbe essere il “claim” di sintesi
del nuovo corso che mette al centro del progetto una nuova rotta da esplorare,
piuttosto che un conosciuto percorso da ripercorrere. I cambiamenti fanno sempre paura, spesso richiedono rinunce,
altre volte generano incertezze, ma sempre sono sinonimo di coraggio. E senza coraggio non si attraversano i mari. Il leit motive del nuovo equipaggio sembra coniugarsi con la
volontà di tagliare con il passato e vista l’entità di questo passato crediamo
che nessuno soffrirà di nostalgia o malinconia. Certamente a qualcuno verrà il
dubbio di aver buttato via il bambino con l’acqua sporca, soprattutto se il
progetto non decollerà, ma bisogna riconoscere fin da subito la buona volontà
di chi ha preso in mano il timone della barca. Le scelte impopolari sono le più difficili ma anche le più
coraggiose e la Pro Patria di oggi ha necessità di coraggio. Senza sterzate e
strambate è difficile uscire dalla bonaccia paludosa. Rinunciare a qualcosa di bello per tentare di raggiungere
qualcosa di più grande potrebbe essere la sfida, e si spera il destino, della
gestione Testa. Ogni progetto richiede una strategia che se coerente va
sempre rispettata a prescindere dal fatto che possa piacere o meno. L’importante
è rompere con le navigazioni a vista del passato, seppur questo comporti la
rinuncia a qualche capitano di lungo corso. Da considerare che la scelta
comprende anche la rinuncia a pirati, mercenari, false bandiere e corsari che
spesso hanno popolato il porto bustocco.
Buon vento Pro Patria
Flavio Vergani
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