Con la presentazione della squadra in piazza san Giovanni
prevista per giovedì 4 agosto finalmente in casa Pro Patria si tornerà alla
normalità. Normalità che perde definitivamente l’aggettivo di “anomala”di
vavassoriana memoria per tornare alle cose di sempre, alle tradizioni, alle
consuetudini. Normalità vuol dire molte cose che da tempo erano scomparse
dall’orizzonte tigrotto. Vuol dire avere una squadra che ha svolto un ritiro,
vuol dire avere giocatori scelti per le loro caratteristiche tecniche e non per
altri meriti, o meglio fortune, che con il calcio c’entrano poco. Vuol dire avere una proprietà
che durante la settimana suda in sede e sul campo senza manie di protagonismo
in salotti televisivi dove tutti sanno
tutto, ma che messi alla prova hanno fallito clamorosamente. Vuol dire avere un
direttore sportivo e un direttore generale che conoscono la categoria
concretamente e non solo per sentito dire come qualche gloria mundial del
passato. Normalità vuol dire avere uno staff con precisi compiti e chiari
obiettivi, vuol dire liberarsi definitivamente dalle fidejussioni passate e
prestate per tagliare una volta per tutte i ponti con il passato. I tifosi che da sempre invocavano il ritorno al normalità
tramite una ripartenza dal basso sono pronti a sostenere il nuovo corso e
finalmente potranno tornare a gioire e soffrire, applaudire o criticare, come è
sempre avvenuto fino a che qualcuno se ne è avuto male tanto da fare lo schizzinoso. Normalità vorrà anche dire non dover applaudire gli eroi di
tutti i record negativi della storia dopo imbarazzanti esibizioni per premiare
comunque una manifesta inferiorità di una squadra senza colpe sul campo, ma con
molte fuori dal campo i cui protagonisti sono stati risparmiati solo grazie al
parafulmine che avevano sulla “testa”. Situazioni davvero anomale mai viste a
Busto in precedenza dove la passione è sempre stata molta e mai aveva perdonato
chi sul campo o fuori infangava la gloriosa maglia. Le ultime vicende hanno anestetizzato le vecchie abitudini,
addolcito gli spalti prima per non perdere il certo per l’incerto e poi per
preservare e difendere la minoranza buona sulla quale di fondavano e si fondano
le aspettative del presente e del futuro. Un esercizio difficile per una tifoseria da sempre sanguigna,
grintosa, attaccata ai colori che è stata chiamata a interpretare per lungo
tempo un copione che non le era mai appartenuto e che alla fine ha saputo svolgere
con grande diligenza. Il fine ha giustificato i mezzi e ora si può affermare
che il processo di liberazione dal recente passato è avvenuto con successo.
Giovedì la Pro Patria sarà consegnata alla città che potrà tornare ad amarla
senza “se” e senza “ma”. Patrizia Testa ha avuto il coraggio di prendere in
mano le redini della società bustocca, ora chi la ama la segua. La crisi c’è
anche per lei, le difficoltà gestionali non la risparmiano, l’eredità del passato
la appesantiscono, ma da bustocca vera vuole dimostrare che “we can”. Questo “we”è composto, oltre che dalla presidente, da
qualche amico fedele e da qualche centinaio di tifosi che da sempre non perdono
un match dei biancoblù. Serve rendere più solido questo “we” per poterlo scrivere
con la lettera maiuscola. Busto aiuti questa donna coraggiosa con i fatti.
Delle promesse, delle giustificazioni, delle scusanti ne sono piene le fosse.
Flavio Vergani
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