Con il primo turno di Coppa Italia previsto per domenica
prossima a Caravaggio avrà inizio la stagione ufficiale della Pro Patria. Sarà
serie D, una categoria con troppe squadre sconosciute per essere considerata
una C2, ma al contempo una categoria con troppe squadre con un passato glorioso
per essere considerata una serie D. Categoria ibrida, un girone dell’inferno dantesco ove
lottano i peccatori, ossia chi è arrivato quaggiù per colpe gravi e
imperdonabili, mischiato a chi è nato disperato e cerca un’occasione per
vendicarsi del destino prevalendo sui forti retrocessi. La Pro Patria non sarà con i cugini lilla e i biancorossi di
Calzi e Ferri e questa realtà ha una duplice lettura. Due rivali in meno per la
vittoria finale, ma anche quattro partite in meno da preparare con gli occhi da
tigre. I derby impegnano tutta la settimana a livello fisico e psicologico
tenendo alta la pressione. Diverso è preparare gare come con il Caravaggio o lo Scanzorosciate. E, qui nasce un mare di rischi. I più anziani si
ricorderanno di come andavano a finire le trasferte con la Virescit Boccaleone,
l’Alzano, Il Bolzano, la Benacense o il Trento. Campi difficilissimi di squadre
spesso composte da giocatori ad alta identità territoriale. Paesi che
utilizzavano la squadra di calcio come strumento per riscattarsi da una realtà anonima e
a bassa visibilità. L’aria che si respirava in quei campi era elettrica e non
ci voleva molto a capire che in campo e fuori ci si preparava alla madre di
tutte le partite. Soprattutto, quando l’avversario si chiamava Pro Patria, un’occasione
storica per scrivere una pagina indimenticabile sul libro dei ricordi. Quante batoste e sofferenza doppia per i tifosi che spesso
si accostavano a queste trasferte con la ferma convinzione di far valere il
blasone dei biancoblù. Non è quasi mai bastato nel passato e sicuramente non
basterà nel futuro. Uno degli avversari più forti della Pro Patria sarà la Pro
Patria stessa. Solo se sarà in grado di svestirsi del suo glorioso passato e
del suo blasone e saprà calarsi nel ruolo della provinciale in cerca di un’impresa
si sarà compiuta metà dell’opera. Da non dimenticare che oltre alle citate squadre che hanno
sempre usato l’arma della grinta e dell’entusiasmo per sopperire alle
differenze tecniche, ci saranno squadroni veri e propri come Seregno e, soprattutto, il Monza che partiranno con la ferma intenzione di vincere il
campionato. Lo chiamano campionato dilettanti, ma per talune realtà come
quella bustocca di dilettantistico non c’è proprio nulla. Come può la parola
dilettante far rima con un certo Santana? O con un certo Asmini? O con un certo
Turotti? Come è possibile pensare ad una squadra di dilettanti se per emergere
dal girone dantesco la dirigenza dovrà mettere mani al portafogli per circa 800
mila euro? La serie D è una campionato professionistico vestito da
dilettante, inutile nascondersi dietro un dito e la riforma voluta dai vertici federali
che ha tolto la serie C2 per poi accorgersi di non avere squadre sufficienti
nemmeno per la ex C1 ,ha causato il disastro. Un mare di giocatori disoccupati
che cercano un ingaggio in serie D,
ovviamente con stipendio da Lega Pro. Quelli che chiamasi “valore aggiunto” che
si affiancano ai giovani obbligatori e a quelli con lo zainetto sulle spalle. La grande e bella novità è che a Busto quest’ultimi non ci
saranno più e questa è la notizia più bella della giornata. Grazie a Patrizia
Testa, ma speriamo presto di dover ringraziare qualcun altro, perché il
progetto è serio e le persone anche. Per cui le giustificazioni, adesso, stanno a zero.
Flavio Vergani
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