Nessun corteo in centro per il risultato ottenuto, sul punto
nessun dubbio. Il raggiungimento del playoff da quinti non è certamente un inno
alla gioia. Soprattutto, per come è arrivato e per quando è arrivato. La
valigia dei rimpianti è piena e la cerniera fatica a chiudersi. Questione di
tempi, sempre troppo lunghi. Un modulo tattico difeso troppo a lungo, un
allenatore protetto troppo a lungo, alcune scelte tecniche troppo lungamente discusse.
Poi… cambi il modulo e vinci, cambi allenatore e segni, cambi alcuni giocatori
e, quasi fosse un incanto, ne rispuntano altri, fino a ieri in chiaroscuro, che
trovano la loro identità. Le scelte obbligate, come Monzani, giustificate dall’esigenza
under, trovano l’alternativa Scuderi e la difesa che prima ballava ad ogni refolo
di vento diventa solida come una quercia con una nuova radice (Garbini). Si
poteva fare prima? Certamente si. Soprattutto se, come si è sempre detto, non
era una questione di modulo, ma di testa. Sintesi della puntata? Semplice, in
questa categoria non basta la competenza, serve la conoscenza. E, più si è
abituati al paradiso e più si fatica a conoscere l’inferno. Questo è l’inferno.
Chi, pur spendendo meno, molto meno, della Pro Patria si trova da anni (e non
da ieri)stabilmente ai vertici delle classifiche di serie D, ha sviluppato la
conoscenza di questa categoria, assorbendone tutti i rischi e le opportunità. Ha
ragione il direttore sportivo Turotti quando dice che molti tigrotti giovani a
inizio torneo piangevano negli spogliatoi al termine del primo tempo,
spaventati dalla pressione e dalla tensione che lo Speroni gli trasmetteva. Una
variabile da conoscere in sede di valutazione del profilo del giocatore. Lo
stesso mister Bonazzi fu sorpreso dal pubblico di Busto, mettendone in luce l’aspetto
a suo avviso negativo. Un aspetto che vero o falso che sia, deve essere
conosciuto fin dal momento dell’analisi del profilo del candidato. Chi sceglie
di venire alla Pro Patria non verrà mai a giocare in una squadra di serie D.
Troverà sempre un ambiente passionale che nulla c’entrerà con la categoria. Troverà
gente che molto dà e moltissimo pretende. Gente che molto aiuta chi molto
merita e gente che molto critica chi poco dimostra di essere tigrotto dentro. Inutile
pensare che basti il talento per farsi amare, prendere o lasciare. Secondo punto: il progetto deve sposare il territorio. Soci,
sponsor, istituzioni della zona sono chiamati a dare sostegno alla Pro Patria e
dare un’impronta locale ai colori bianco blu. Benissimo, ma si estenda il
progetto anche in campo. La Juniores ha
vinto anche a Carate Brianza per tre a due, accedendo alle finali nazionali. Un
risultato fantastico grazie a ragazzi di talento, alcuni dei quali già sotto la
lente d’ingrandimento di società di serie superiore. Sono ragazzi del 1999,
ossia l’anno perfetto per gli under del prossimo anno. Inutile far finta di
niente, qualcuno ci sarebbe piaciuto vederlo in prima squadra fin da subito, ma
il playoff centrato solo ieri non ha aiutato in tal senso. Ma, da oggi in poi,
il futuro non potrà non comprendere i vari Agosti, Ghioldi e Becerri e tutti
gli altri ragazzi delle nostre giovanili. Anche solo per dare loro una
possibilità. La si è data a chi è arrivato da lontanissimo, obbligo darla a chi
è nato dietro l’angolo.
Flavio Vergani
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