Purtroppo, o per fortuna, il calcio ha
sempre più le regole di un’azienda. Con un investitore che finanzia, dei
dirigenti che decidono e dei dipendenti che eseguono. A fine progetto si tirano
le somme. L’allenatore è il primo che paga è un concetto che vale da sempre e
vale ancora, ma non è più il solo e nemmeno l’ultimo capro espiatorio.
Questione di tempo e il tempo è arrivato. Il direttore sportivo Sandro Turotti ha
sempre dichiarato che il secondo posto sarebbe stato un fallimento e non
vincere i play off pure. Il campo ha dato il suo esito. Le azioni tigrotte sono
in caduta libera, nonostante a inizio campionato fossero le più quotate. Senza
dubbio gli osservatori di mercato guardavano con qualche apprensione la scelta
dell’allenatore che non era certamente una garanzia, rischio bilanciato dalla
presenza in rosa di molti ex professionisti di grande livello. La struttura
societaria con due direttori esperti, un mago dei giovani, uno staff numeroso e
di esperienza, era valutata con cinque stelle. Un lusso per la categoria, che
tradotto in parole povere significa tanti soldi investiti. Il ritorno dell’investimento è da red
line. Salvatore Asmini ha probabilmente anticipato il proprio destino con
le dimissioni odierne. Il progetto era
triennale ed era ad ampio respiro, non
prevedeva la vittoria subito, ma nemmeno la sconfitta, questo tipo di
sconfitta. Un divario abissale dal Monza, fuori dai play off alla prima partita
con il Ciliverghe. A Busto certi nomi fanno più male di altri per via di una
storia importante. Per cui, inutile tentarci, nessuno si abituerà mai a perdere a Dro, o a Boario
o a Ciliverghe. Sconfitte che valgono doppio solo per l’origine geografica. La si può raccontare come si vuole, ma la
Pro Patria è sempre la Pro Patria e sugli spalti lo si è sempre visto. Tornare con le pive nel sacco da trasferte
non conosciute nemmeno dal navigatore satellitare fa più male che perdere un
derby con il Legnano o il Varese. La dirigenza ha commesso errori
strategici, gli impiegati errori tattici, è per tutti tempo di valutazioni che
non di annunciano per niente semplici e indolori. Il progetto tecnico potrebbe
subire una decisa svolta e non escluso con
attori diversi. Gente che con meno ha ottenuto di più. Un modo per far
spendere meno all’investitore dando valore alle azioni, o forse, un modo per
cambiare radicalmente la strategia ridimensionando la struttura che sembrerebbe
apparire sovradimensionata agli osservatori esterni. Basta dare un occhio all’altro girone per
scoprire che realtà come Caronnese, Gozzano, Borgosesia e lo stesso Inveruno,
abbiano centrato risultati importanti paragonabili a quelli dei tigrotti, senza
disporre di uguale budget, uguali strutture societarie e uguale indotto. Da
considerare anche che a Busto c’è una squadra che vince in una categoria in
meno della Pro Patria senza follie economiche, eppure è una squadra della
stessa Busto che da anni incassa solo delusioni con il biancoblù. Giusto
allargare il progetto cercando soci, ma è certamente utile fermarsi a
riflettere per capire se tutto serve, se tutto deve avere queste dimensioni, se
tutto deve avere questa importanza, o se fosse possibile avere di più con meno.
Flavio Vergani
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