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 Nati per vincere, un titolo che sembra un destino. Una tigre attaccata a lungo da un predatore il cui nome era troppo dolce per scalfire le unghie del felino. Che attende in posizione di difesa. Poi, basta un’unghiata” per colpire l’occhio dell’avversario.
Poi, la tigre è sembrata quasi sazia, godendosi il pomeriggio. Ha impressionato la capacità di non perdere l’identità, di non cadere nell’istinto, di privilegiare la razionalità.
E' bastato un balzo. Destino dei forti non dover correre sempre e forte. E’ un campionato con poche partite decisive, un tempo breve che va capitalizzato. Poche prede importanti da azzannare e saperlo fare farà la differenza.
Una tigre mai doma che sa domare con esperienza, razionalità, astuzia. Ha ragione mister Porrini, uno che il calcio lo conosce bene, qui più giochi bene e più rischi di perdere. La serie D non è il circo dove farsi applaudire per le acrobazie e i giochi di prestigio. Qui si cade senza rete se non si calcola l’imprevisto che è sempre dietro l’angolo.
Un anno di esperienza è richiesto a tutti, inutile sperare che basti il nome, o il blasone. La nostra tigre con la fascia al braccio è un esempio che vale per tutti. La serie D fa calare le tenebre, anche per chi ha classe che splende. Per un anno però, poi è tutta un’altra storia. Poi, occorre saper saltare nel cerchio con il fuoco senza scottarsi e non tutti hanno lo stesso coraggio. Ci sono domatori e predatori anche tra gli allenatori. Il nostro di difficile ha solo il cognome, tutto il resto è limpido e cristallino. Ha capito quello che c’era da capire, compreso e soprattutto questa gente. Non gli ha pesato l’educazione, ma solo la passione. Ha fatto centro, comprendendo che tra i titolari non avrebbe potuto fare a meno di chi da troppo tempo era stato messo in panchina, anzi, a volte nemmeno in tribuna.
Spalti vuoti per chi ha investito molto per tentare di saltare nel cerchio con il fuoco. Una squadra sola nell’arena bustocca.
Senza passione non può esserci la promozione. Due squadre di crema rischiano di sciogliersi al sole. Un derby senza gente è un derby senza senso. Problemi di altri.
Problema nostro, invece, sono i gusti degli arbitri, non sempre in linea con il trend del momento. E’ vero che la tigre tende alla nuance rossiccia, ma pretenderla “arancione Anas” inorridisce persino la Stefania. O, forse, il fischietto barese tutti i torti non li aveva. Gli hanno detto che la Pro Patri avrebbe “asfaltato” chiunque, per cui ha pensato all’abito da lavoro.
L’arbitro non fa il monaco, ma presenza vuol sempre dire consistenza.
Flavio Vergani

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