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Ci sono due strade, e anche il calcio è un buon campo dove scoprirle.

La prima, è fare i bustocchi. Parlare a raffica, in barba a quanto ci hanno insegnato (Parlà a l’è fià); lamentarsi e non muovere un dito, se non per far inciampare chi coltiva mezzo sogno. Sventolare ai quattro venti che Busto è l’ombelico del mondo e poi sdraiarsi pancia all’aria ad aspettare chissà cosa.
La seconda, è essere Bustocchi. Quello che ci ha trasmesso secoli di storia e di sudore. Meritarci ciò che pensiamo anche già di avere, ma se non ce lo meritiamo, non ci piace abbastanza. Guardare una maglia che splende sul campo e vederci tutto il passato che ci ha condotto fino a qui, tutto il futuro che ci sta già aspettando. Pensare: di che cosa ha bisogno questo sogno salvato a duro prezzo di nome Pro Patria? E correre, ciascuno offrendo ciò che può.
Due strade, un bivio che anche in una partita ancora insinuata all’inizio del girone di ritorno (dopo il derby da stordimento contro il Lecco, per affrontare ora il Rezzato) può raccontare molto di ciò che siamo e possiamo essere.
Si chiama Giornata biancoblù, si potrebbe scrivere anche Giornata bustocca: perché è quella che ci dice ciò che siamo e vogliamo diventare, da grandi. Sempre che ci interessi diventare grandi, eh.
E’ entrare allo stadio Speroni, per la prima o l’ennesima volta. Con la stessa emozione.
Tutti allo stadio., domenica. Tutti dalla Pro. Adesso.
Marilena Lualdi

 

 

 

 

 

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