Chiunque lavori in un’azienda di business sa che il capo
delle risorse umane suddivide i propri dipendenti in due categorie distinte:
front office e back office. Il primo gruppo comprende funzioni come marketing e
vendite. Il secondo funzioni di staff, come customer care, contabilità,
amministrazione. La differenza? Entrambi i gruppi richiedono elevate competenze
professionali, ma il primo gruppo deve fare business e quindi deve avere un ‘elevata
resistenza allo stress per l’ottimale gestione dei clienti, del personale, dei
fornitori, della concorrenza.
Il primo gruppo necessità di elevate energie mentali per
dettare la strategia, il secondo di elevate competenze operative per la
perfetta esecuzione.
Se a un responsabile del personale si chiedesse a che
categoria appartiene la Pro Patria di oggi , risponderebbe senza alcun dubbio che
i tigrotti appartengono al back office.
Infatti, le mancate vittorie degli scontri diretti, la
mancata vittoria di domenica scorsa e la mancata vittoria di oggi con un Trento
ridotto in nove uomini, definiscono in modo chiaro che la squadra patisce notevolmente l’esposizione
allo stress, alla preoccupazione alla gara che non puoi sbagliare per nessun
motivo, alle partite decisive.
A parole dovevano essere tutte finali dall’esito scontato,
la preoccupazione era di gufare il Rezzato, sperando che il Darfo facesse il
proprio dovere.
Così è stato, ma la Pro Patria lo ha fatto il proprio
dovere? Decisamene no. Il Trento ha colpito in un'unica azione un palo a
portiere battuto e una traversa sulla ribattuta, ha avuto una doppia
espulsione( la prima discutibile)e un rigore dubbio non concesso. La Pro Patria?
Nessun tiro nello specchio della porta.
Che tutte le partite siano difficili è un dato di fatto, ma
la classifica comunica dei valori chiarissimi che non possono essere messi continuamente in
discussione. Rimanere in doppia superiorità numerica e non centrare neppure lo
specchio della porta, nonostante la presenza in campo di Gucci, Le Noci, Santana,
Ghioldi e Pedone, apre l’analisi sulla consistenza motivazionale di una squadra
che sta permettendo al Rezzato, non di vincere il campionato, ma di averlo in
regalo. Se si pensa ai punti di vantaggio che la Pro Patria aveva nella prima parte del torneo, alle
sconfitte di bresciani con Pergolettese e Bustese che hanno rimesso in corsa i
tigrotti e al jolly di oggi non sfruttato, ci si chiede cosa deve ancora
accadere per vincere il campionato.
In settimana i tigrotti ripetono a memoria che loro ci
credono, che il campionato non è terminato, che vinceranno cinque/quattro/tre
finali, ma poi in campo non mostrano identica certezza.
I tifosi, o almeno molti di loro, hanno dimostrato di
crederci sciroppandosi 500 km più relativi costi per supportare la squadra, in
campo tutto si è visto tranne una squadra con analoghe certezze.
Incapacità di gestire lo stress, paura di sbagliare,
tensione, ansia da prestazione sembrano essere le cause che attanagliano i
giocatori. Elementi propri che differenziano le figure da staff da quelle di
business.
Ma, per vincere, in azienda e nello sport serve essere temprati
anche verso questi fattori di disturbo. Solo così si può ambire ad essere
uomini forti da “front line”. Chi rimane nel back office rimane eternamente nella
propria area di comfort che non basta mai per essere dei vincenti.
Oggi potrebbe essere passato il penultimo treno per la
promozione, ora, più che sperare che il Lecco fermi il Rezzato, occorre
chiedersi e convincersi di poter vincere le proprie partite.
Il campionato era lì su un piatto d'argento, bastava allungare la mano.
Oggi, chi era a Trento ha visto tutto, tranne la voglia di
vincere una finale. Chiamatele semifinali se pronunciare finale vi fa paura, ma
vediamo di vincerne una che conta, visto che da ormai due campionati questo non
avviene.
Flavio Vergani
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