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431 abbonati, nonostante la campagna abbonamenti prorogata fino al 10 ottobre. Si sarebbe potuto tranquillamente evitarla rinnovando in automatico gli abbonamenti dell’anno prima. Quattrocento erano in serie D, quattrocento sono in serie C. Sempre quelli, sempre i soliti, nessuna novità. 83.555 abitanti meno 431 abbonati, uguale 83124 persone disinteressate alla Pro Patria. Se poi aggiungiamo la Valle Olona, che da sempre viene considerata bacino d’utenza della Pro Patria, il conto fa venire le lacrime. Tolta una manciata di persone che verranno allo stadio pagando il biglietto, rimane una sensazione di desolante solitudine.

Mediando a 150 euro il costo unitario di un abbonamento significa un incasso di 64 mila euro, il costo di un buon giocatore. Rimangono da pagare gli altri 21, più tutto il resto.

Cala definitivamente il sipario sulle speranze tenute vive dalle mille giustificazioni che si sfoderavano all’occorrenza per non confessare l’inconfessabile, ossia che della Pro Patria i più se ne fregano.

Dirigenze poco serie, si ci sono state, adesso no…Categorie dilettantistiche, si ci sono state, adesso no…Non si vince mai, si è successo, adesso no. Nessun progetto futuro per scarsa attenzione ai giovani del vivaio, si è successo, adesso no…

Le scuse stanno a zero, come gli abbonamenti.

Rimangono le varie e le eventuali che sanno di stantio. Il ritornello dell’orgoglio tigrotto che si prova lontano da Busto parlando con i residenti del posto ha stancato. Collegano Busto alla Pro Patria? Fanno male. Nessun legame, se non per qualcuno, sempre i soliti.

La Pro Patria è di Busto, ma Busto non sembra essere della Pro Patria. Un amore dissimulato, falso e virtuale popola il web dove la platea è ampia, i commenti taglienti, le sentenze sommarie.

Se si giocasse il campionato alla Play Station, lo “Speroni” virtuale sarebbe sempre pieno di dotti, medici e sapienti. Compresi quelli che ancora rosicano per aver scialato il pronostico dei competenti che vedeva il Rezzato in serie C e gli spuntati tigrotti in serie D. Molti dei quali senza neppure avere mai visto una partita. Chissà, forse sperando nell'ennesima sconfitta per gloriarsi di far parte del partito dell'"io l'avevo detto".

Si è arreso persino il “Lele”, uno che non molla certamente alla prima difficoltà. Ha scritto : "Veramente non si capisce cosa si debba ancora fare per portare gente allo stadio”. Come dargli torto?

Probabilmente niente. È già stato fatto tutto. Se un campionato vinto, uno scudetto sul petto, 100 anni di vita e una dirigenza bustocca e seria non bastano per ingaggiare gli scettici, rimane solo da ringraziare con un forte abbraccio i 431 fedelissimi. Loro possono anche “borbottare”, è nel contratto. Gli altri, quelli del social corner, sono invitati alla realtà dello Speroni per comprendere quanto sia meglio vedere, soffrire e poi parlare, invece di criticare senza vedere.

0431 il prefisso del disinteresse di una città che dice di amare le sue tradizioni per poi tradirle con le aride modernità virtuali.
Un autoerotismo sportivo che alla lunga fa venire miopi, tanto da confondere la realtà con l'immaginazione.

Flavio Vergani

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