Header

E’ notte.

Arrivano troppi messaggi tutti insieme. Molti da numeri non consueti. Un brutto segnale.
Ci si sforza di essere ottimisti, ma, in genere, le brutte notizie arrivano con il buio.
Servirebbe un”app” che permetta di aprire il messaggio con la dissolvenza in ingresso, per non trovarsi spiazzati e attoniti di fronte alla notizia.
Un brivido freddo gela l’anima, frena il cuore per un attimo.
Un momento dopo è già tempo di ribellarsi.
Non può essere così! Non può essere vero!
Quel senso di ingiustizia che pervade l’animo quando la morte “fa il cucchiaio”a chi ha sempre tifato per la vita.
Tre fischi improvvisi hanno chiuso la partita di Francesco Bonfanti.
Non gli è stato concesso neppure un minuto di recupero per salutare la squadra di chi gli voleva bene.
O, forse, lui ben sapeva che il suo campionato era alla fine, ma non ha voluto spegnere il sorriso sul volto dei suoi amici, perché lui era fatto così.
C’era una convocazione aperta per tutta la sua squadra nella sua amata Crespi d’Adda.
Troppo tardi, questa volta il rinvio sarà definitivo.
In questi casi la forma obbligherebbe descrivere chi è stato Francesco, ma oggi più che mai non serve aggiungere nulla. Chi lo ha conosciuto sa di chi stiamo parlando, gli altri non avrebbero la possibilità di comprenderlo fino in fondo. Un rischio che non ci vogliamo prendere per non mancargli di rispetto.
Mi chiedono in molti di ricordarlo su queste pagine, ma non sono io la persona che ha letto tutto il libro della sua vita.
Sono altri che, se vorranno, potranno fargli questo ultimo regalo : il Lele, il Piso, l’Alessandra, il Marco, la Marilena, il Luca, gli altri che non mi ricordo.
La vita di una persona è come un libro: a volte colpisce per la copertina, ma delude per il contenuto, altre volte la copertina è sciapa, ma lo scritto eccellente
Il libro che Francesco ha iniziato a scrivere nel 1956 ha 64 capitoli tutti da leggere e una copertina che abbaglia gli occhi per i suoi lucidi colori.
Qualche capitolo è dedicato alla nostra squadra, a quella del nipote, alla nostra gente, alla sua gente.
L’uomo venuto da lontano che ha saputo vincere primitivi pregiudizi e banali diffidenze per convincere i più dubbiosi sul fatto che quello che faceva non era collegato a quello che si pensava.
Un uomo resiliente che, con il sorriso, la pazienza e il dialogo ha sempre consolato, spiegato, ma soprattutto agito per quella squadra che gli era entrata nel cuore, indipendentemente dalla presenza degli affetti famigliari.
Sorprendente il suo entusiasmo traboccante che lo ha fatto diventare “uno di noi”, privilegio non scontato per chi non nasce con le nostre stesse radici.
Non ha mai rescisso il suo cordone ombelicale con la gente che gli ha voluto bene, ottenendo in cambio un affetto e una stima senza confini,
Il suo orto ordinato e colorato è la rappresentazione reale del suo essere: un uomo dai sapori genuini, dai colori naturali, dalla consistenza di una volta.
La sua collaborazione entusiasta con il Tigrottino, il suo spendersi per portare la Pro Patria nelle scuole, il suo socializzare con le gite in quel di Crespi d’Adda, il suo mediare con i tifosi durante i periodi difficili della squadra, lo hanno fatto apprezzare sul lungo periodo per quello che era e non per quello che si pensava che fosse.
Francesco Bonfanti non era lo zio di Michele, ma era l’amico di tutti noi.
Di molti era un po’ più amico, ma qui tocca a loro ricordarlo, perchè non si perda l'occasione di toglierli l'ultimo abbraccio di chi gli ha voluto davvero bene.
Buon viaggio Francesco e grazie di tutto.
Flavio Vergani

0 commenti: