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Franco Busatti, questo il nome con cui ti presentasti a noi e questo il nome che ancora oggi porto nel mio cellulare.

Pensammo a te come ad un infiltrato, un tifoso mai sentito che scriveva a favore di Vavassori in un periodo non di massima popolarità, per usare un eufemismo, del nostro ineffabile patron.

Era la stagione in cui ci si divideva fra critici e genuflessi ed i tuoi interventi non vennero particolarmente apprezzati, perlomeno non dal sottoscritto.

Ci scambiammo invettive e messaggi di fuoco finchè mi telefonasti confessandomi il tuo amore per il Calcio, per i giovani ed il tuo piccolo segreto: tuo nipote giocava nella Pro Patria e tu morivi dalla voglia di parlare della tua squadra del cuore senza nuocergli o coinvolgerlo in polemiche, e così avevi leggermente modificato il tuo vero nome Francesco Bonfanti.

Amavi la Pro e tuo nipote e d’altronde abitavi in un gioiellino di paese ricalcato ad immagine della nostra città.

Andavi fiero di questo legame storico ed eri orgoglioso di tifare biancoblu.

Dopo il nostro chiarimento, come spesso capita quando ci si conosce, nacque una profonda amicizia fatta di rispetto reciproco e di comuni interessi.

Certo, terminata la militanza a Busto di tuo nipote, ci si vedeva di rado ma mi chiamavi spesso e ancora sento la tua solita frase “Come stai, Tigre?”.

Quanti dolci ricordi legati al periodo del Tigrottino cui entrambi fornimmo il nostro piccolo contributo, sotto la guida appassionata e non adeguatamente compresa di Luca Cirigliano.

Quanto entusiasmo da parte tua, quanto impegno soprattutto per il coinvolgimento dei più giovani.

Eri un uomo puro e buono che credeva nel valore delle persone ed in un calcio pulito ed al servizio della crescita e dell’educazione dei ragazzi, ben al di là dei risultati.

Un’anima bella e delicata che era caduta sulla Terra per impreziosire la nostra esistenza, e proprio perciò non sempre compreso.

Ogni volta che mi era possibile passavo a trovarti e, sempre di corsa, ti chiedevo col mio metro di giudizio se ti annoiassi una volta andato in pensione; la tua risposta era sempre la stessa ed era vita ed energia pura che riempivano ancora le tue giornate.

Ed ora tutto scompare, cade a terra come sabbia fra le dita, la tua famiglia con una figlia tanto amata e “sofferta”, il tuo cane ed il tuo orto, la tua scrittura e le buone letture, i tuoi amici, i tuoi progetti.

Mi volevi bene, come ne hai voluto per la Pro e tutta la sua gente, e spero tu non abbia sofferto troppo e che ora sia sereno.

A noi resterà il gusto dolce ed amaro di pensarti e di dare il giusto peso al privilegio di averti conosciuto e frequentato, un uomo diverso e di uno spessore ormai fuori moda.

Non potrai più preoccuparti per me e chiamarmi di tanto in tanto, ma so che comunque in qualche modo ci sentiremo e ti aggiornerò sulla nostra squadra del cuore e sul mio percorso.

Ciao, uomo che cadde sulla Terra e che tanto amò senza essere sempre corrisposto.
Marco Grecchi

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