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I giocatori non sono tutti uguali, alcuni sono speciali perché ricordano ai tifosi un ricordo particolare, unico, esclusivo.

Nomi che, solo pronunciarli, provocano un brivido forte, un’emozione in grado di  far tornare nel passato e risvegliare una forte nostalgia.

Non si sa di chi, o di cosa, forse di una gioventù volata via, o forse di un calcio più ruspante e vicino all’essenza della tifoseria bustocca.

Per chi è ormai più vicino alla sessantina che alla cinquantina, Alessandro Brunini è stato uno di questi giocatori.

Qualcuno , a sentire il suo nome, ricorda la sua prima volta allo stadio, altri la prima vittoria vissuta sugli spalti, grazie alla cavalcata vincente i quella Pro Patria del 1974 che volò in serie C.

Nato a Busto Arsizio, il 17 Febbraio del 1954, ma bienatese doc, 49 presenze con la maglia biancoblù con 8 reti.
Una carriera lunga, terminata a 40 anni, ma breve a livello professionistico, con 6 presenze nel Legnano e 27 con l’Abbiategrasso, oltre a quelle di Busto. Poi,  sfumata l’occasione di volare in serie A, decise di preferire il lavoro nel campo tessile al calcio.

Una storia tutta da sentire dalla sua viva voce dai toni educatissimi e da vero signore.

Alessandro, quanto tempo è passato da quando dagli spalti dello Speroni ti applaudivo nel mio primo anno da tifoso della Pro Patria, cosa fai adesso?
Fino a poco tempo fa ho fatto l’allenatore, a Vizzola Ticino, a Magnago, alla Bustese.


Un professionista tra i dilettanti?
Si, ho fatto una scelta fin da quando giocavo, ho scelto il lavoro dopo la mancata occasione di volare in serie A.


Prego?
Non la sai…?


No, ero piccolo al tempo
Te la racconto: nel campionato 1974/1975 riuscimmo a vincere il campionato di serie D e fui protagonista con 7 reti, poi feci un bel campionato in serie C e il Varese, che ai tempi era in serie A, chiese al presidente  Giuseppe Mancini di vendermi ai biancorossi. Mancini chiese ben 70 milioni di lire e il Varese pensò ad altri. Decisi allora di lasciare perdere con il calcio professionistico per dedicarmi al mio lavoro.


Aiutami a capire il valore dei soldi in quel periodo.
La Pro Patria mi dava uno stipendio di 130 mila lire al mese, poi prendevamo un premio di 40 mila euro a vittoria e per la promozione ci venne dato un super premio di 10 mensilità, quasi un milione e mezzo di lire. In più, lavorando prendevo 110 mila lire dall’azienda, insomma avevo un doppio stipendio.


Perché rinunciarvi?
Perché nel periodo nel quale giocai a Busto, ero a militare al centro atleti di Bologna, per cui mi allenavo con regolarità. Finito quel periodo potevo farlo solo di sera, dopo il lavoro, una vita insostenibile.


Quindi, un grande rimpianto, lo hai metabolizzato?
Un giorno di molti anni fa, ci fu una festa alla sala comunale di via Zappellini dove fu organizzato un raduno dei tigrotti degli anni settanta. C’era anche Giuseppe Mancini, mi prese da parte e mi disse:” quel giorno ho sbagliato a chiedere tutti quei soldi al Varese, ho tarpato le ali alla tua carriera”. Gli risposi di non farsi problemi, era andata così, pazienza.


Un calcio che non c’è più?
Giocavamo di fronte a 4.000-5.000 persone, col Mantova anche 6.000, eravamo tutti giocatori nati in zona, il più lontano era Frigerio da Giussano, i giovani giocavano solo se lo meritavano e non per obbligo, certo che è tutto cambiato. Oggi i giovani giocano per forza.


Segui la Pro Patria?
Poco, qualche volta sono venuto allo stadio, ma meno delle partecipazioni alle vostre feste, alle quali partecipo volentieri.

La partita più bella?
A Meda, campo infangato, vincemmo per uno a zero con un mio goal. Era il 12 Gennaio 1975 e la Pro Patria schierava: Piaceri, Crugnola, Bartezzaghi, Frigerio, Mela, Croci, Carminati, Brusadelli, Fornara, Bosani I, Brunini. Allenatore Adelio Crespi.


Io me ne ricordo altre…
Si, certo, le amichevoli con la Juventus di Altafini allo Speroni, persa solo per due a uno con goal di Carminati, e la bella prestazione con la Nazionale italiana a Varese. Due ricordi  indelebili.

Adelio Crespi, un allenatore che merita un commento.
 Mi ha scoperto lui. Ero a Legnano e con me c’era il portiere Piaceri, chiese al massaggiatore dei lilla se ci fosse qualche giovane bravo da portare alla Pro Patria e lui fece il mio nome. Non c’erano i procuratori, quello era il modo per costruire le squadre. Io venni a Busto e vinsi il campionato, il Legano retrocedette.


Il giocatore più forte che hai conosciuto.
Aldo Maldera e Mauro Bellugi. A Legnano ho giocato con Walter Novellino, molto bravo anche lui. Ricorod anche Lesca, un centrale difensivo di qualità.


I tifosi di Busto?
Brava gente, appassionata, vicini alla squadra, ho un bel ricordo. Quando li incontro mi trasmettono tanto affetto.


Soprattutto, per quelli come me, che a te legano la prima esperienza di stadio.
Si, sul tema ti cito un episodio: un giorno ero ad una festa della Pro Patria e trovai il noto tifoso Lele Magni. Raccontava cha la sua prima partita allo “Speroni” fu il giorno19 gennaio 1975, c’era Pro Patria Romanese. Io risposi: “Si certo, vincemmo uno a zero e segnò un certo Brunini. Quel Brunini ce lo hai di fronte. Mi abbracciò con grande gioia, ricordo il suo entusiasmo e la mia emozione.


Cosa vuoi raccontarci in più?
Ne avrei tantissime da dirti, guarda, facciamo così, ti invito al ristorante di Pasquale Croci, altro grande giocatore della Pro Patria, appena finito il lockdown e ti racconto tanto altro. Poi, faccio una promessa, appena possibile vengo a trovarvi in sede del Pro Patria Club per salutare tutti i tifosi.


Affare fatto, a presto Alessandro.
Grazie a te per avermi fatto rivivere giorni indimenticabili.
Flavio Vergani

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