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Un cancello sbarrato, in una città chiusa, non basta per arginare il contagio dell’affetto e della passione per chi se ne è andato dagli sguardi, ma non dal cuore
Un cancello che ricorda la porta d’entrata della gabbia delle tigri.
Lui era un tigrotto, ma da quella gabbia era sempre riuscito a fuggire, in cerca della libertà.
Una tigre vera e mai addestrata da nessun domatore, con quell’istinto felino, naturale, puro, forte, che distingue chi ama la Pro Patria da chi si illude di amarla.
Un figlio d’arte, visto che papà Giulio ha saputo trasmettere a Simone quel sangue sempre più unico che raro, fatto di globuli bianchi e globuli blu.
Un sigillo trasmesso di padre in figlio, che ha reso orgogliosi entrambi, per questa appartenenza unica e speciale.
Simone ha graffiato la vita come una vera tigre, ha fiutato con successo la scia del vero senso della sua esistenza, lasciando una traccia  ben definita in chi lo ha conosciuto.
Qualcuno dei suoi amici si è un po’ arrabbiato e, sperando che Simone non abbia ancora spento il suo cellulare, non glielo ha mandato a dire: “Come? Te ne sei andato, senza nemmeno un’ultima bicchierata insieme?”.
Altri, gli hanno guardato negli occhi un’ultima volta guardando la sua Vespa, con la quale sfrecciava nel suo quartiere, nella sua città, verso il suo stadio.
Tutti si sono sentiti in debito con lui, fin da subito, perché il lockdown può chiudere una città, ma non può fermare la forza di questa gente che sa sconfinare nell'impossibile per raggiungere il possibile.
Come quel drappo con le firme dei suoi amici, fatto trovare sul percorso obbligato di Simone .
Un modo per esserci e salutarlo come meritava, tramite quella bandiera vissuta e sfibrata al punto giusto da farne intendere il significato al primo sguardo. Un'alzabandiera ricco di significati, seppur interpretato in un modo alternativo e figlio dell'emergenza.
Firme, o meglio autografi dei suoi amici, perché l’idea e la realizzazione è degna di artisti della vita che hanno saputo trovare il modo giusto, nel momento giusto, per abbracciare quando non si può abbracciare, essere presenti quando non si può essere presenti, stringere la mano quando non si può stringere la mano.
Non si può impedire di amare a chi lo ha molto amato.
Tutti abbiamo voluto bene a Simone, loro ancor di più.
Oggi, Simone è felice perchè sa di aver ricevuto quello che solo le vere tigri ricevono e questo lo renderà orgoglioso di sè stesso, di suo papà Giulio, dei suoi amici, dei suoi colori.
Come sarà orgoglioso Giulio che, seppur tra le molte lacrime del lutto, potrà percepire tutto l’affetto per il suo tigrottino che è volato in cielo, lasciando una scia che sa di lui nel cuore di tutti noi.
Quando Giulio e tutti noi passeremo davanti a quella porta chiusa, vedremo il volto di Simone, sentiremo le sue battute, lo ricorderemo di quando era con noi.
Il ricordo lo farà vivere, perché nessuno muore nel cuore di chi gli ha voluto bene.
Vola in alto Simone e da lassù continua a tifare il biancoblù.
Flavio Vergani

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