“Rubo” questa foto dal profilo Facebook di Giorgio
Giacomelli.
Il pezzo no, solo se vorrà.
Ci sono foto che rendono inutile aggiungere altro.
Sono talmente
piene di contenuto, fascino, significato ed emozione che ogni parola in più
potrebbe rovinarne il senso più profondo.
Emozioni per pochi, per chi ha la passione per la Pro Patria
nel cuore.
Una foto in bianconero, perché a quel tempo non esistevano le
pellicole biancoblu, ma in filigrana le tinte sono quelle.
Stupiscono e colpiscono i molti sorrisi, le molte cravatte,
i molti tifosi.
Abbiamo perso tutto, i sorrisi, le cravatte e i molti
tifosi.
Siamo rimasti in pochi, certamente buoni, ma ci è negata una
foto identica da lasciare a chi la vedrà tra 70 anni.
Perché questa che vediamo è di 70 anni fa.
Anni nei quali uno scatto fotografico aveva un costo, adesso
è tutto gratis.
Soldi spesi bene per una foto che è rimasta nella storia, un
file salvato nell’archivio di Giorgio Giacomelli.
Non in rete, non in cloud, non su una chiavetta USB, non sui
social.
Archiviata nel cuore, nella cartella delle cose che contano
e che vengono custodite per chi arriva dopo e vorrebbe sapere com’era prima.
Nella foto, nessuna donna, solo qualche ragazza, almeno in
questo c’è stato un netto miglioramento.
Forse, anzi, sicuramente, la donna biancoblù, che ora c’è e
prima non c’era, meriterebbe una foto del genere.
Sarebbe il modo per migliore per dirle grazie per quello che
fa.
Le parole si fermano, lo sguardo rimane fisso su questa
immagine magnetizzante.
Poi, la mente vaga e si interroga su cosa voleva dire quel
signore che con le dita indicano “tre”.
Manca una didascalia, chissà chi era?
Qualcuno dice che c’era il “Taèla”, il “Baffo”, il “Lucio”,
e l’”Ernani”, gente amica della “ramata”.
Dicono fossero in 25 mila nel 1948.
Dobbiamo solo crederci, ma questo fa tremendamente male a
chi al massimo ne ha visti quattromila.
Flavio Vergani
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