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Storie di bandi, bande, bandiere, sbandieratori. Storie che, anche se ben spiegate, mai saranno comprensibili. Storie che interessano poco a molti e molto a pochi.

 Inutile spenderci troppe parole. Così era, così è e così sarà.

Ci sono amori forti che a volte ritornano, proprio quando l’amata se ne è andata.

Ci sono eccellenze perse e accademie rifiorite, santi abbandonati e amori ritrovati.

Storie di tutti i giorni che lettere mai spedite tentano di normalizzare.

Storie di bandi, bande e bandiere, ma anche di bende che vorrebbero bendare gli occhi dei pochi interessati alla vicenda che hanno il terribile difetto di non essere miopi e neppure muti.

La peggior specie, bande da bandire, bandiere da ammainare, sbandierando antichi affetti che fino a ieri avevano la banda sulla maglia e domani il bando in bacheca.

Ci sono bandiere che sventolano da sempre grazie al soffio della passione dei propri tifosi, altre che hanno bisogno di passare il manico per continuare a farlo, come si fa con il testimone di una staffetta, altre ancora che vanno dove le spinge il vento.

La differenza tra bandiere e sbandieratori, tra l’essere e il non essere, tra il fare e l’apparire.

E’ meglio essere o apparire?

Dipende dall’obiettivo, ma per far carriera, ovunque si voglia, l’apparire serve più dell’essere.

Il fare non è nemmeno in discussione.

La nostra bandiera sventola da sola, persino online. Non ha bisogno di bande, bandi e sbandieratori, ma solo di rispetto.

Flavio Vergani


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