Le conferenze stampa del pre partita e le interviste del dopo gara sono un rito immutabile come la Messa, che si perpetuano immutabili nel tempo.
Da sempre si ripetono identiche a loro stesse, senza che
perdano fascino e interesse per il pubblico, che dogmaticamente crede a quanto
viene detto, seppur certi di assistere ad un film dal copione noto.
Inutile negare le complicità dei giornalisti che spesso
pongono domande che sono l’assist perfetto per risposte scontate da parte
dell’interlocutore, quali: “Che partita sarà domani?”
L’allenatore di turno, che giochi contro la capolista o
contro l’ultima in classifica, risponderà che si prospetta una partita
difficile per il valore dell’avversario. Poco conta che gli avversari perdano
da 10 turni consecutivi o vincano da 20 turni, la risposta sarà sempre la
medesima. Se vincono da molti turni vuol dire che sono forti, se perdono è
arrivato il momento di cambiare il trend. Se poi, gli avversari avessero appena
immesso in organico un giocatore, fosse anche solo l’ultimo degli svincolati,
piuttosto che abbia appena cambiato allenatore, ecco pronta la risposta che
sarà incentrata sul nuovo organico o sul nuovo modulo o sui nuovi stimoli
portati da queste novità che renderanno difficile il match, anche se si
giocasse contro il Borgorosso Football Club.
Chiaro l’obiettivo degli allenatori di voler mantenere alta
la tensione dei suoi giocatori e al contempo pararsi il culo da eventuali
debacle che potrebbero accadergli nel match.
Le condizioni climatiche (il caldo in particolare), le condizioni ambientali (quando ancora erano presenti gli spettatori) e le condizioni del campo sono assist perfetti da tenere pronti all’uso per dare l’idea di non aver trascurato nulla del match e dimostrare le mille insidie che potrebbero esserci dietro l’angolo.
Si sconsiglia vivamente di far notare che se le condizioni
ambientali influenzassero negativamente le partite disputate in trasferta, lo
faranno positivamente quando si giocherà in casa, che fa caldo per tutti e che
se il campo è gibboso lo è per tutti.
Per il giornalista, evitare il conflitto con l'intervistato è garanzia di avere vita facile in
futuro e poter contare su qualche sorriso in più nell’ambiente, qualche
confidenza riservata, qualche attenzione privilegiata e qualche rimostranza in
meno con l’editore in caso la si facesse “fuori dal vaso” in qualche occasione.
Il concetto di gruppo allargato e quindi di nessun titolare, tutti titolari è ormai realtà di tutto il calcio professionistico, ma, in caso di assenze per squalifica e infortuni, ecco che il concetto sfuma e si torna al passato segnalando “importanti assenze” nella nostra squadra.
Insomma, è come per il maiale, non si butta via niente, pur
di dipingere il match come un’impresa impossibile, a prescindere da quale sia
l’avversario.
Il massimo della banalità e dei concetti scontati si tocca
nelle interviste ai calciatori alla fine del primo tempo. In genere, viene
intervistato un giocatore della squadra che è in vantaggio, giusto per evitare
un gentile e cortese “vaffa” da parte chi sta perdendo. Ebbene, la risposta che
l’intervistato condividerà con gli ascoltatori in trepida attesa sarà la seguente: “ Finora abbiamo
giocato bene, abbiamo ottenuto il vantaggio, ma gli avversari sono molto bravi,
ben organizzati e nel secondo tempo dovremo dare tutto per portare a casa
questa importante vittoria”. Ovviamente, la risposta esulta e non dipende
minimamente dalla forza degli avversari, anche in caso si vince per tre a zero
contro degli scappati di casa l’incubo della “remuntada” è sempre ben presente
negli intervistati.
I contributi da bordo campo durante il match hanno il dono
dell’inutilità, tanto che, appena una delle due squadre si avvicina all’area di
rigore avversaria, la linea viene immediatamente tolta al” bordo camparo” anche
solo per commentare un tiro di Barak che abbatte l’antenna posta sul capannone
edile che sorge a due chilometri dallo stadio.
Nel dopo gara entra in gioco la direzione arbitrale che
annulla e sostituisce qualsiasi responsabilità.
L’alone persecutorio, soprattutto verso le “piccole”, è un
grano del rosario che viene recitato in caso di sconfitta, invece, in caso di vittoria l’arbitro è
dimenticato e i meriti sono tutti dei ragazzi che hanno interpretato al meglio
la partita.
Il giornalista un po’ ingenuo e a corto di idee, spesso fa
l’originale chiedendo come si esce da filotti di umilianti sconfitte, per
ottenere sempre la stessa risposta: “con il lavoro”. Consigliabile non
replicare a queste risposte con istintive considerazioni, tipo: perché, finora
non avete lavorato?
Le colpe sono perfette sconosciute, a parte quelle degli
arbitri. Rigori sbagliati, tiri alti sulla linea di porta, ingenuità tattiche
da oratorio, cambi dell’allenatore che hanno fatto ululare lo stadio intero,
saranno elegantemente dribblati nel dopo gara alludendo al concetto di gruppo
declinato nel sempre utile ricorso al “si vince tutti insieme e si perde tutti
insieme”,
Inutile chiedere un parere sul clamoroso fallo da rigore a
favore degli avversari non visto dall’arbitro, perché dalla panchina si vede
male e quasi sempre il mister era coperto da altri giocatori.
Se, invece, il rigore non dato era a proprio favore, la
miopia viene magicamente corretta da interventi di laserterapia virtuale e la
dichiarazione sarà lucida; “avete visto tutti quello che ho visto io. Giudicate
voi”.
Infine, i siparietti televisivi con lo schema: allenatore
intervistato, inviato della televisione e conduttori più ospiti in studio.
La strategia di fondo è chiara e immutabile: l’inviato è un
reggimicrofono umano spesso non dotato del dono della parola, ma solo presente
per farsi sfanculare quando i conduttori e gli ospiti in studio riusciranno a
far imbestialire l'intervistato di turno.
L’orgasmo mediatico si ottiene non facendo perdere le staffe
ad attori consumati come Conte, Mourinho o Spalletti o Gattuso, bensì ai vari
Guidolin, Fonseca o Inzaghi. Chi riuscirà nell'impresa avrà ampia visibilità mediatica, molti like sui social e un paio di minuti di notorietà posticcia.
In questo caso, la ricerca dell’audience, spazza via
qualsiasi timidezza e rispetto mostrato nel prepartita. Si va all’attacco e
Piccinini direbbe che volano le “sciabolate rigide”. L’unico modo per
risvegliare lo spettatore dal torpore e dal sonno che lo ha assalito durante le
non entusiasmanti partite degli ultimi periodi.
Poi, quando calano le tenebre sul week end sportivo, è già
un’altra settimana e fin da subito inizierà a crescere l’attesa per la solita
“conferenza stanca”, con le stesse domande, le stesse risposte, le stesse
ovvietà. Nessuno ha nel cuore la speranza che possa succedere qualcosa di
diverso, perché, come la Messa, il rito deve essere dogmatico e dogmatico
rimanere. Se cambiasse, non sarebbe più lo stesso e si faticherebbe a crederlo
originale.
Flavio Vergani
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