Ivan Javorcic, 24 Gennaio 1979, 42 anni compiuti, un tecnico
giovane.
150 partite con la Pro Patria, un campionato vinto, uno
scudetto dilettanti vinto, sempre ai playoff in serie C, arrampicato sulla
vetta della classifica nel campionato in corso.
In una recente conferenza stampa ha dichiarato: “d’altra
parte, se segnassimo qualche goal in più, rischieremmo di vincere il campionato,
cosa non negli obiettivi di questa squadra”.
Come dargli torto? Da capire quali sono gli obiettivi di
questo allenatore che ha saputo conquistare risultati e stima dei tifosi
bustocchi.
150 partite con i tigrotti, 67 vinte (44%), 45 pareggiate (30%),
38 perse (26%).
Corso di Coverciano per allenatori di prima categoria brillantemente
superato.
Un curriculum che parla da solo e che non può che trasudare
di ambizioni e di aspettative.
Per ora, ha dovuto giocare con i neri, muovendo per secondo,
puntando la strategia sulla difesa per dare scacco matto all’avversario. Lo ha
fatto spesso e bene quando ha potuto e quando non ha potuto è riuscito spesso a
pattare le partite, piuttosto che perderle.
Da capire, quanta è la voglia di giocare la sua futura partita
con i bianchi.
Un allenatore così bravo al quale paradossalmente gli mancano
le più difficili delle esperienze del ruolo: la contestazione, la gestione
della crisi, la pressione dell’ambiente.
Un merito senza dubbio, ma per essere marinai provetti serve
sapere orientare la nave anche quando il mare è alto e il vento rischia di far
disalberare.
Un allenatore che ha dimostrato tutta la sua preparazione tecnica, ma anche relazionale, grazie ad uno stile “tailor of made” per l’eticità di fondo della società e per le aspettative dei tifosi che si sono sentiti fin da subito rispettati da questo tecnico che ha intuito rapidamente la password per aprire il cuore dei sostenitori.
La conseguenza scontata è un’area di confort con i relativi
pro e contro: certezze da una parte, rischio di annegare stimoli forti e voglia
di mettersi in discussione dall’altra.
Troppo giovane per pensare di rifugiarsi nella tenda del
campo base senza tentare di scalare la vetta.
Un tecnico preparato a tutto tondo che si specchia in un
uomo dalla cultura rara in questo mondo, continuamente coltivata da interessi
trasversali di grande spessore, che lo rendono quasi unico in un panorama
spesso sterile sotto questo punto di vista.
Un uomo che, tra le tante qualità, ha anche il dono di
essere fortunato.
Lo snodo della sua carriera è stato quel capitombolo del
Rezzato con il Lecco che ha spalancato ai tigrotti le porte della promozione.
Un tocco di fortuna in un pozzo di bravura, il profilo
perfetto dei predestinati.
Qualcuno ingenuamente gli sta iniziando a chiedere quale
sarà il suo futuro. Tentativo vano per una serie infinita di motivi. Javorcic è
un professionista così “talebano” che mai e poi mai parlerà di futuro nel
presente. Lo scorso anno non parlò del suo futuro quando il futuro era
diventato presente.
Con la salvezza abbondantemente raggiunta, i playoff
centrati, la miglior difesa del campionato, il lancio di palate di giovani,
qualcuno avrebbe già tirato i remi in barca. Lui no, si becca due giornate di
squalifica per aver “smadonnato” contro arbitro e inutile quarto uomo a Grosseto.
A dimostrazione che questo allenatore ha il fuoco dentro, un
grande sogno nel cassetto, una smisurata voglia di prendersi da allenatore quanto
gli è stato tolto da giocatore da un destino baro, che lo ha fermato troppo
presto.
Che mari vorrà navigare mister Javorcic? Su che scacchiera
vorrà giocare le prossime partite? Ancora con i neri, oppure con i bianchi?
Quel diploma che ha recentemente appeso dietro la sua
scrivania che cosa gli consiglierà di fare?
Dicono che sia più semplice vincere che confermarsi, lui si
è ripetutamente confermato, ora cosa potrebbe ancora chiedere e chiedersi?
Domande che non avranno risposte nel brevissimo, anzi, il
rischio è di andare lunghi perché lunga andrà la stagione dei suoi ragazzi, che
ha saputo far diventare uomini e non solo giocatori.
Qualcuno sui social ha scritto: “confermatelo per sempre” e
questo, detto dai tifosi di Busto, è quanto di meglio si possa scrivere sul
proprio curriculum.
Un privilegio che nessun allenatore ha mai meritato e solo
qualche selezionatissimo giocatore è riuscito ad avere.
Non serve aggiungere altro.
Flavio Vergani
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