Era il ventottesimo
del primo tempo quando lo “ Speroni” è tornato a ruggire, dopo il lungo silenzio.
E’ stato come sentire il boato della montagna prima della
frana.
Sono serviti ventotto minuti per dimenticare un silenzio
troppo lungo per essere vero.
Come un felino, i tifosi hanno “prima usmato” il perimetro
di quel che è stato loro da sempre e pensavano lo fosse per sempre, prima che
un nemico invisibile, scaltro, insidioso e un po’ bastardo, mettesse in dubbio
l’antica certezza.
Ventotto minuti per guardarsi in faccia e cercare di
riconoscersi, nonostante la mascherina e nonostante i segni della sofferenza
che ha inciso volti, cuori e anime.
Ventotto minuti per convincersi che tutto è rimasto come
prima.
Green l’erba e non il pass, C la categoria e non FFP2, l’amico
di sempre il vicino e non il vaccino.
E’ stato dato a tutti il tempo che serviva per ritrovarsi e
poi, al ventottesimo, quasi per incanto lo “Speroni” è tornato a ruggire con un
grido che ha fatto tremare i polsi: PRO PATRIA…PRO PATRIA…PRO PATRIA.
Come gli occhi di chi si risveglia dopo l’anestesia e rivede
la luce di sempre, i colori di sempre, gli amici di sempre.
Un’emozione forte che ha scosso le anime depresse da un
tempo terribile, un grido selvaggio che è sembrato di ribellione e di riscossa.
Uno sfogo istintivo, un grido di sfida verso chi attacca i
polmoni per togliere il fiato, per impedire reazioni, per obbligare al
silenzio.
Al ventottesimo minuto si sono dati appuntamento i tifosi
che c’erano con quelli che non c’erano e
con quelli che avrebbero voluto esserci, ma che non ci sono più.
Chi con il corpo e chi con l’anima, ma tutti presenti,
uniti, massicci, compatti per far sapere a chi nasce dai pipistrelli che le
tigri sono un’altra cosa.
Una voce che partita dallo “Speroni” è salita alto, riverberando con gli echi del cielo, dove l’Edoardo, il Gianni, l’Enzo e il
Giuseppe con la sciarpa al collo gridavano più forte per farsi sentire da
lontano.
Prima c'erano anche loro...
Alla fine, cosa vuoi che sia una sconfitta di fronte a tale
meraviglia?
La meraviglia che fa apprezzare diversamente e più
intensamente quello che si dava per scontato e scontato non era.
La meraviglia di esserci e non apparire, di vedere e non sentirsi raccontare, di parlare e non solo ascoltare.
Ieri, tutti hanno capito che la gioia di esserci è
quello che conta, il resto è solo un dettaglio, sconfitta compresa.
Forse, fino a prima ci eravamo sbagliati.
Supporters
are coming home!
Flavio
Vergani
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