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Era arrivato da sconosciuto, se ne è andato da “figlio della Pro Patria”, come lui stesso ama definirsi.

Mister Javorcic fa parte di quelle figure che magicamente sanno penetrare il cuore dei tifosi, fissandosi per sempre nei loro ricordi.

Persone che perdono la loro anima di giocatori o allenatori, per trasformarsi in benchmark di riferimento, non solo nel presente.

Riferimenti che dividono le epoche in prima e dopo di loro, in quanto capaci di incidere con assoluta energia sulla realtà, tanto da costituirne un termine di paragone che regge al passare del tempo.

I risultati positivi facilitano il processo, ma non bastano per alimentarlo.

Mister Javorcic ha saputo suonare tutte le note intonate per comporre un suo personalissimo inno dedicato ai colori, ai giocatori, ai tifosi, che da lui hanno ricevuto tanti fatti concreti, ma anche tante parole armonizzate con la partitura di riferimento, che le gente biancoblù da sempre apprezza e ama ascoltare.

Mister Javorcic spesso ha parlato con il silenzio, ha dribblato abilmente i crepacci del passato, ha evitato le insidie dei primi tempi, quando il suo nome sembrava troppo difficile per essere ricordato da un popolo che da sempre guarda storto tutto quello che non conosce.

Ha saputo mantenere le distanze perfette da tutti, riuscendo nell’impresa di esserci anche quando non c’era, di parlare anche quando stava in silenzio, di essere amico di nessuno nella realtà, ma di tutti nell’immaginario.

Se ne è andato molto dopo di quanto ci si aspettasse, molto prima di quanto si desiderasse, lasciando la sua firma sul quadro più bello del recente presente della Pro Patria, con quel quinto posto ottenuto nel vuoto della cattedrale del calcio bustocco. Un destino baro per i tifosi che, da sempre abituati a presenziare a ricorrenti funerali, si sono visti privare dell’unico matrimonio con la vittoria.

Il giorno dopo ha restituito un quadro ancor più bello, quando anche gli scettici inconsolabili hanno compreso la sua capacità di far apparire come pregi i difetti.

Da buon scacchista qual è, ha compreso che spesso giocando con i neri serve difendersi, prima di attaccare.

Ora, che gioca con i bianchi, ha il compito di dare scacco macco agli avversari e a chi lo sopportava per i risultati, ma non per il gioco. Sembra ci stia riuscendo.

L’era Javorcic ha scritto una importante pagina della storia biancoblù, permessa anche, ma non solo, dalla lucida strategia societaria.

Di suo ci ha messo la silenziosa leadership, seppur, qualche spiffero dica che poi così silenziosa non era.

Il comandante non era certo un uomo senza una dura scorza, come un leader deve essere, ha il merito di è aver sempre saputo lavare i panni sporchi in casa e di essere rispettoso di una storia centenaria e della sua gente con educato rispetto e con vicina distanza.

Torna a Busto pe ricevere un applauso arretrato, quello che i tifosi non hanno potuto regalargli per colpa di un virus beffardo che , idealmente, ha voluto anticiparne la partenza da Busto.

Torna come figlio della Pro Patria, un privilegio che viene concesso dai tifosi ai pochi che se lo sanno meritare.

Presenterà al check -in la stessa carta di identità mostrata al check -out: la miglior difesa d’Italia con un solo gol subito.

Un valore che mai come oggi assume la sua importanza e fa capire che a volte il piuttosto è meglio del niente.

Torna il condottiero e rivedendolo automatico sarà il flash back dei tanti momenti belli vissuti insieme.

Se qualcuno li avesse dimenticati, legga il nuovo Tigrottino per riviverli tutti.

Sarà difficile per lui passare davanti a quella panchina, senza sedersi.

Guadandola rivedrà un po’ del suo tempo migliore e quando sentirà l’applauso della sua gente dovrà violentare la sua scorza dura di guerriero indomabile e lanciare per una volta il pressing verso i suoi sentimenti più profondi, affinchè non gli diano scacco macco, subendo il gol da parte delle lacrime.

Domenica, il figlio della Pro Patria torna a casa, non importa con quale maglia, quel che conta è che quella maglia l'abbia saputa indossare, rispettare e ricordare.

Questo è quello che si chiede ai figli della Pro Patria e lui lo è.

Sembra facile, ma è più difficile del previsto.

Grazie Mister.

Flavio Vergani

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