Conta solo il countdown che porterà al 31 Gennaio, quando tutti, o quasi, sperano che la nuova dirigenza getti la spugna e restituisca la Pro Patria a Patrizia Testa.
Cosa accadrà dopo si vedrà, l’importante è quello che succede
adesso e la speranza è che il consorzio Sgai faccia un passo indietro.
La rassegna stampa anche oggi è ricca di testimonianze di clienti
di Sgai che hanno qualcosa, anzi molto, da dire a riguardo della società di Roberto
Galloro, per cui l’orizzonte è nuvoloso, tendente alla tempesta.
I tifosi ingannano il tempo in modi diversi. C’è ancora chi
ha continuato il match a distanza con il Presidente Citarella sul suo profilo
Facebook. I toni si sono alzati notevolmente, fino a che in serata è arrivata
la saggia decisione di limitare i commenti, dopo che si sono raggiunti livelli
davvero poco edificanti e sconfinati in apprezzamenti per niente rispettosi nei
confronti di qualche tifoso che ha speso la sua vita per seguire la Pro Patria.
Ovvio, i tifosi non sono stati teneri con Citarella, ma il
loro stato d’animo va compreso, visto quanto sta accadendo a Sgai. Per cui, è
logico che qualcuno possa trascendere, basterebbe evitare di rispondere sui social e farlo nelle sedi ufficiali e con stile manageriale, evitando attacchi
personali riferibili addirittura alla scarsa conoscenza della lingua italiana. A
Busto, colti e ignoranti, ricchi e poveri, lavoratori e pensionati, hanno un
unico obiettivo: il bene della Pro Patria. Tutti contano uno e tutti hanno il diritto di esprimersi
per quello che sono e per quello che sanno, anche quelli che dicono "viva il Pro Patria", o che li chiamano i biancoazzurri. Poco “fair” è far notare la
differenza.
Questa gente ha il sangue biancoblu e la Pro Patria è il
loro primo pensiero del mattino e l’ultimo della sera. Gente che da sempre ha voluto
bene alla Pro Patria con i fatti e non con le parole, con chilometri percorsi e
non con comunicati stampa annoianti. Gente che nel recente passato ha sviluppato
anticorpi forti verso chi è venuto a Busto con l’idea di poter vendergli fumo. Gente
resistente e combattente che non molla mai.
Gente foderata con una corazza acciaio inox, temprata da
situazioni societarie esasperanti nella loro totale nullità, che hanno infangato
il nome storico della Pro Patria. Quelle dirigenze ora non ci sono più, ma i
tifosi restano, scalfiti ma non sconfitti, certamente più smaliziati e con il
radar aggiornato per localizzare ogni altro pericolo potenziale. Difficile,
anzi impossibile, confonderli con le parole, facile convincerli con i fatti.
Forse, come ha scritto in queste ore uno storico rappresentante dei tifosi della
Pro Patria:” qualche tifoso è diventato vecchio, in altri tempi situazioni del
genere avrebbero avuto una reazione diversa”.
Molto meno social e più concreta, per dettagli chiedere a Tonellotto
e Pattoni, gentilmente accompagnati alla porta, quando compreso che nella
valigetta in pelle c’erano tante parole, ma pochi soldi.
Gente che può darsi zoppichi con la lingua italiana scritta
o parlata, ma che con le mani ha sempre lavorato bene e sodo per la Pro Patria,
tanto da mantenerla in vita durante una vacanza dirigenziale del recente
passato, quando la si abbandonò al suo destino dopo averla corteggiata in sede
d’asta fallimentare.
Insomma, non la piazza perfetta per menarla per il naso.
Una piazza che molto ama chi la rispetta, ma combatte tenacemente chi non la rispetta.
Affidabilità del progetto, risorse
per supportarlo e serietà etica sono le password perfette per farsi volere bene.
Tre “conditio sine qua non” che la Pro Patria di ieri aveva
e che anche quella di domani dovrà garantire.
Inutile illudersi del contrario.
Flavio Vergani
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