Grazie a Silvio.
NANDO:
Un’andatura
un po’ così’, una parlata un po’ così e un cuore grande così. Scrutiamo le
piastrelle dei popolari – lasciateli immaginare scoperti che fa cult – e i
posti vuoti sono tanti, ormai troppi in quel catino di passione intitolato a
Carlo Speroni. Qualcuno sostiene che dedicare lo stadio a un maratoneta fosse
azzardato ma alla lunga è stato un connubio perfetto. La storia della Pro
Patria è una interminabile corsa in cui la sofferenza s’intreccia con
l’appartenenza, l’orgoglio, la maglia. Ossia qualità proprie di un uomo
semplice qual è stato Nando Pellegatta. Se n’è andato in un momento un po’ così
nel quale la sua Pro Patria ha vinto e chi gli ha voluto bene lo ha perso. Come
pare aver perso certezze societarie questo club in cui Nando si specchiava con
il suo linguaggio nel quale mescolava l’italiano e il bustocco. La lingua, anzi
le lingue perché i dialetti sono espressioni di cultura popolare, come bagaglio
del suo sapere maturato leggendo tanto, affezionandosi a scrittori profondi,
pensando senza esternare le conoscenze che aveva appreso. E profondo era il suo
animo nel quale si rifugiava per godere delle vittorie, per asciugare quei
goccioloni che gli rigavano il viso quando, nell’esternare il suo amore per la
Pro, la voce si rompeva e i sentimenti restavano sospesi. Ma uno così non può
essere sospeso perché l’espressione, gli occhi lucidi sopperiscono alle parole.
Dicono fosse spigoloso e forse lo era ma spigoloso fa spesso rima con amore in
quel che si crede. Quante volte, caro Nando, hai cercato negli sguardi degli
altri le prove dei tuoi dubbi. Innamorarsi di
un ideale – e per te la Pro Patria, dopo le tue intimità, a cominciare
dalla famiglia, era un legame spirituale – è banalmente meraviglioso, una
ragione del percorso sportivo coinciso con la grande Pro Patria. Nando, la tua
Pro è sempre grande anche se sconquassata dalle piccolezze di questa
discutibile quotidianità. I tuoi amici sperano che lassù tu abbia la bandiera e
la maglia che, con tutto te stesso, hai sventolato e indossato nel tuo tratto
terreno. Mi piace ricordare le chiacchierate fuori dalla stadio mentre
scendeva, a volte, malinconica la sera. Purtroppo la sera è scesa per sempre,
scruto le piastrelle e un’altra è rimasta vuota. Ma la passione e il tuo
insegnamento hanno riempito il cuore di ognuno di noi e par di sentire quel
grido “forza Pro” che si espande in uno stadio pieno di nostalgia.
Silvio
Peron
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