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Con le mani...con le mani ...con le mani Ciao Ciao ( foto Andrea Macchi) |
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Alcuni trasfertisti presenti a Trieste ( grazie ad Andrea Macchi per la foto) |
Volere è dovere per i più talebani, volere è potere per i più determinati, vorrei ma non posso per i sognatori, potrei ma non posso per i menefreghisti.
La sintesi della sintesi dei quattro target di tifosi nel rapporto con le trasferte della Pro Patria. Tema che da sempre appassiona Andrea Macchi che con Alessandro Bianchi rappresentano i top performer dei trasfertisti biancoblu. Sempre presente il secondo, con una sola assenza il primo.
Tempo, soldi, sacrificio, passione, resilienza, determinazione, forza di volontà, sono gli elementi caratterizzanti il profilo di chi ha deciso di seguire la squadra a prescindere da tutto e da tutti, dandole priorità e centralità assolute.
Non basta un solo elemento, ne servono molti e tutti insieme, da qui l'impresa diventa complicata.
Soldi tanti, visto il costo di carburante, pedaggi autostradali e biglietto di entrata, ma fosse solo questo il problema, che comunque rimane un problema per molti, visto il momento che stiamo vivendo, Ccè dell'altro, molto altro.
Il tempo è la seconda variabile da considerare, visto che trattasi di immolare l'intero giorno, o quasi per vivere 90 minuti di partita. Qui, non si tratta di poterselo permettere solo in tema economico, ma richiede una scelta di vita decisa e prioritaria, che può essere spiazzante per chi vive con il tifoso itinerante. Meno vincoli famigliari ci sono e meglio è, oppure la situazione perfetta è sognare una famiglia o una coppia tutta appassionata, per trasformare il desiderio di uno in quello di tutti. Qui, però, attenzione all'aspetto economico, che potrebbe diventare davvero importante in quanto si moltiplicherebbe a dismisura.
Altro tema frenante è la solitudine o l'insicurezza alla guida. La media età della tifoseria bustocca è piuttosto elevata, seppur in questo target si annidi la passione forte della tifoseria. Il guidare da soli anche per poche decine di chilometri, magari in condizioni ambientali non ottimali, piuttosto che il non aver neppure rinnovato la patente di guida, diventano un problema tra chi vorrebbe andare, ma non si sente di poterlo fare in auto(nomia).
Una parziale conferma di tutto questo viene dai pullman gratuiti o quasi che hanno messo a disposizione i club per le recenti trasferte di Seregno e Crema. Prezzi bassi e servizio comodo hanno risvegliato il tifo trasfertista che ha colorato le tribune e le curve degli stadi di destinazione.
Pullman che hanno ragione di esistere a patto che i costi di noleggio siano coperti dai partecipanti, purtroppo manca ancora questo step, che a questo punto è di chiara origine economica, visto che ultimamente i pullman organizzati dai club faticavano a registrare una numerica di presenze soddisfacente.
In sintesi, il tifo disposto a seguire la squadra c'è ancora, numericamente piccola in modalità "talebana", occasionalmente numerosa in modalità cherries pickers, ossia di chi coglie al volo le occasioni low price e una molto potenziale, ma ancora da coltivare, relativa a chi sarebbe sempre presente se non fosse per i vincoli economici e famigliari che impediscono una presenza costante.
Il futuro? Difficile parlare di futuro dei tifosi senza conoscere quello della società, ma, volendo sforzarsi e ragionare per sommi capi, si potrebbe pensare che solo unendo i pochi si diventa tanti.
Inutile girarci intorno, il passato ha consegnato al presente una tifoseria divisa, frammentata, segmentata in tutto quello che fa.
Ci sono quelli del Pro Patria Club, quelli del Tigrotto, gli Ultrà, i cani sciolti, quelli della trasmissione, quello del Museo, quelli del Centenario, quelli del Tigrottino, quello che racconta la storia e quello della Mascotte, quasi fossero mondi diversi, popolazioni autoctone, residenze parallele, uno, nessuno o centomila in base alla maschera indossata per l'occasione.
Frammenti di un unico mondo che sgretolano l'unità comune a tutti, segmentano la base, la differenziano e la specializzano in base all'obiettivo inseguito. Un esercizio perfetto di individualismo collettivo, dove prevale l'io", piuttosto che il "noi" relativo, che spesso pretende , sottende e pericolosamente insegue il noi assoluto. Ossia, il delirio di considerarsi non parte dell'intero, ma l'intero stesso. Identità anche forti, ma piccole, rappresentanze storiche, ma diluite dal tempo e poco impattanti sull'ecosistema biancoblù.
Gerarchie più numerose della customer base che vivono nel ricordo di come eravamo, di quanti eravamo e di cosa facevamo che si avviluppano su loro stesse producendo cariche persino invidiabili sulla carta, ma del tutto inutili nella realtà.
Piccoli mondi spesso antichi che perpetuano modi di essere del passato completamente fuori moda, o tentano di ispirare followers nostalgici di una supremazia da esercitarsi in una numerica di tifosi sempre meno numerosa e quindi poco adatta per aspirare a ruoli di leadership riconosciuta e plebiscitaria.
Frammenti attivi che producono progetti spesso paralleli, gemelli e spesso clonati, che disperdono soldi ed energie in cambio di una fin troppo ricercata autonomia. Due pullman mezzi vuoti che partono in parallelo, oppure nessuno. Qualche macchina mezza vuota in trasferta che pagano carburante e pedaggio doppio, una manciata di siti di tifosi che parlano di Pro Patria, senza che nessuno li rappresenti nell' interezza, un giornale storico dei tifosi che potrebbe parlare di tutti e invece fatica a parlare di sè stesso, se non fosse per lo sforzo dei soliti, una trasmissione televisiva che trova energie grazie agli stessi del Tigrottino, o dei trasfertisti talebani o degli speaker di oggi e di ieri. Ossia, pochi, sempre quelli che cantano e portano la croce.
Logica vorrebbe che un esercizio di buonsenso, ma soprattutto di sviluppo culturale figlio dei tempi, possa stravolgere il modo di pensare ormai obsoleto del passato, basato sul "valgo se esisto", trasformandolo nel "esistiamo perchè valiamo". Uno switch tra il protagonismo obbligatorio e il collaborazionismo volontario che porti a unire le forze per raggiungere un'identità matura di tifoseria coesa e unita nelle diversità. Diversità che devono esserci quale contributo positivo alla crescita relazionale, ma gestita non con il conflitto, bensì con il confronto. Certamente servirà dare un calcio a quello che si era o che si pensava di essere, mettendo da parte titoli, meriti ed eredità di un passato che non c' è più. Pensare di fregiarsi di un carisma guadagnato nel mondo di ieri facendolo valere in questa nuova realtà fa correre il rischio di diventare patetici, ridicoli, persino banali. I molti che fanno qualcosa per la Pro Patria lo fanno per il suo bene, su questo nessun dubbio, ma mettono la firma con il proprio nome sul libro della storia che verrà spazzato via dal tempo, se lo si facesse con un'unica firma, quella dei tifosi, rimarrebbe eterna.
Richiede sforzo, come ogni cambiamento. Richiede rinuncia ad essere quello che si è sempre stati e che forse faceva piacere essere, per un ruolo più alto, uno standing ambizioso che prevede di mettere da parte un po' di sè stessi per rendere più grande la Pro Patria. Ognuno ha qualcosa di suo che sa fare bene da solo, ma che assieme agli altri lo farebbe diventare fantastico. Gli esempi, anche se piccoli, sono sotto gli occhi di tutti: chiunque in questi anni ha messo da parte antiche rivalità e assurde competizioni per unire le forze per un progetto comune ha una grande storia da raccontare. Gli altri, solo episodi di poca rilevanza, anche se qualcuno vive l'illusione di essere stato protagonista assoluto di qualcosa che assomiglia poco al tanto e molto al niente.
Il segreto del cambiamento? Non aspettare che faccia il primo passo qualcun altro, ma avere il coraggio di essere il primo con l'ambizione di farsi seguire da molti.
Facciamolo insieme!
Flavio Vergani
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