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La Coppa Italia è un laboratorio di ricerca e sviluppo dove si testano nuove formule e nuove materie prime.

Mister Vargas si è messo il camice bianco e come il migliore dei developer ha miscelato il noto con il poco noto, il giovane con il vecchio e poi ha acceso il cromatografo per capire di che pasta sono fatti i suoi prodotti finali.

La formula finale ha ampiamente soddisfatto gli standard qualitativi attesi con un prodotto chiamato vittoria che è sempre il miglior risultato di qualsiasi reazione chimica.

Il valore aggiunto è stata la materia prima vincente che si chiama Piran, nota ma che aveva bisogno di una conferma che è arrivata con un’esplosione controllate che ha lasciato senza fiato per un attimo.

Un nome che ha il fuoco dentro.

Lo sperimentatore Vargas sembra aver ormai trovato una formula vincente per ogni occasione, campionato o coppa che sia.

Una formula che contiene tante materie prime portate dal Cile, ma anche tante che ha già trovato nell’armadietto del laboratorio di via Cà Bianca. Il mix ha prodotto scintille e qualche sorpresa se si legge bene la ricetta finale.

C’è una materia prima persino sorprendente che si chiama “polvere di stelle”, ossia chi sulla carta dovrebbe essere l’ombra delle stelle che  si sono però presi tutta la luce del sole e brillano di imprese proprie.

Pensiamo a Boffelli in quel di Salò, a Saporetti con la Pro Vercelli e a Piran con L’AlbinoLeffe, tre vittorie firmate da imprese di giocatori che, seppur di grande qualità, non sempre hanno firmato nel passato imprese del genere e così ravvicinate e determinanti sul rendimento globale della squadra.

Intorno a loro gravita un satellite molto luminoso, per la prima volta visibile a 360 gradi, una stella che sembrava essersi eclissata e che è tornata luminosa più che mai. La sua luce è gialla come la luce del sole, il suo incedere è sinuoso, elegante e persino nobile con quella testa sempre alta e la schiena dritta. Sembrava polvere e invece è proprio una stella che sta illuminando il cielo tigrotto, tanto da oscurare la miglior stella dell’organico biancoblu a livello di qualità individuale.  Una nuvola è bastata per offuscare per qualche settimana la stella Bertoni ed ecco che la stella Brignoli è sorta in cielo con prepotente determinazione e voglia di essere osservata. Mister Vargas si toglie il camice da ricercatore e toglie dalla custodia il binocolo ad alta definizione per godersi il cielo nel quale vede così tante stelle sorte o che sorgeranno. Perché dopo il giorno c’è sempre la notte e lui sa che avere una stella che brilla e l’altra che brillerà lo rende felice come una Pasqua, anche se non è ancora Natale.

Il calcio sa essere anche poesia, regala emozioni forti, è passione e sentimento. Il calcio ha un linguaggio comune che sa essere persino sdolcinato durante la settimana per celebrare le vittorie e i vincenti, oppure rugoso e spigoloso quando serve dare la scossa, muovere gli stimoli forti, toccare l’orgoglio dei perdenti.

Però, allo stadio, nel giorno della partita, da sempre e per sempre il linguaggio è sempre stato e sempre sarà quello che tutti conosciamo. Delimitati i confini da non superare, ossia quelli noti del razzismo, della bestemmia, dell’omofobia e degli annessi e connessi, tutto il resto come lo sfottò reciproco verbale e mai fisico, piuttosto che l’irriverente e umoristica provocazione non possono essere censurati con multe assurde che non rappresentano la gravità dei fatti accaduti. Cinquemila euro di multa ricevuti dalla società per quanto non accaduto con la Pro Vercelli sono un insulto alla passione dei tifosi che si sono divertiti anche con i cori avvenuti a distanza di sicurezza e con linguaggio colorito, ma non di più.

Evidentemente ci sono figure che necessitano di certificare un fatto per giustificare la loro utilità a costo di cadere nel ridicolo.

Su questo calcio che sa essere poesia, in questo cielo dove si possono inseguire le stelle, c’è qualcuno che lancia costantemente missili di presunta pace che fanno più danni di quelli della guerra.

Abbiate il coraggio, una volta per tutte, di dirci che calcio avete in mente, perché sembra che noi ne abbiamo in testa un altro. Se il vostro calcio è quello nel quale alla parola tifosi fa rima quella di schifosi che devono essere sempre e comunque puniti, questo non è il nostro.

Se i tifosi devono bagnarsi quando piove, cercare un biglietto come l’ago nel pagliaio, cercare un posteggio dove non esiste, dover possedere tessere del tifoso perché la carta di identità non basta e neppure il biglietto nominativo e dover stare zitti allo stadio per evitare che qualcuno si erga ad eroe di giornata e scimmiotti una lezione di educazione e di fairplay, allora questo calcio non fa per noi. Tenetevelo pure!

Però, per una volta per tutte,  finitela con le solite lamentele per il poco pubblico, o di fissare target numerici nemmeno sfiorabili e non solo per colpa dei tifosi, ma anche per  scelte di discutibile immobilismo di principio.

A quel signore che ha scritto la contravvenzione diciamo che, se tolte le mascherine per il Covid, ora  pretende che i tifosi si mettano il bavaglio non deve far altro che comunicarlo. Dopo la silent disco, potrà avere l’onore di lanciare il silent football, chissà che sia per lui un nuovo business che lo possa togliere per sempre dai campi di calcio, dove si gioca quello vero. Quello  che i tifosi vogliono da sempre e per sempre

Flavio Vergani

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