Una neo laureata in economia e marketing della prestigiosa Università Bocconi di Milano stava presentando all'Amministratore Delegato di una grande azienda del largo consumo i risultati di una campagna pubblicitaria da lei ideata.
La ragazza era piena di entusiasmo e utilizzava termini celebrativi per condividere quello che per lei era un successo clamoroso. Citava il numero dei pezzi venduti nel periodo promozionale di riferimento, ponendo l'accento sulla numerica esageratamente alta e record rispetto alle settimane precedenti.
L'Amministratore Delegato, ad un certo punto, chiese in modo laconico: "Quanto mi è costata l'operazione promozionale? ".
La laureata andò subito in affanno, arrossì in viso, le si seccò la bocca e, vicina ad una crisi di panico, cerco di salvarsi in calcio d'angolo dicendo:" In che senso quanto è costata"? L'Amministratore Delegato disse con celato sarcasmo e una punta di soddisfazione generati dalla sua esperienza di marciapiede che stava dando una lezione alla eccellente laureata bocconiana: "Nel senso che, se vado in stazione centrale a Milano e regalo un prodotto a chi scende dal treno, la redemption dell'operazione promozionale sarà del 100% e assegnerei milioni di pezzi, ma sarebbe una disfatta a livello di conto economico se l'obiettivo fosse stato il fatturato, invece, se l'obiettivo fosse stato di far provare il nostro prodotto, di ingaggiare nuovi consumatori, di popolare un database di potenziali interessati alle nostre marche, allora sarebbe stato un successo. Però, tu non hai specificato questo obiettivo, parlando solo di risultati finanziari, per cui temo che la tua promozione si avvicini al fallimento e non al successo".
Un fatto realmente accaduto per spiegare senza altre parole quanto sta accadendo a Torino, dove in occasione del match di serie C tra Juventus Next Generation e Mantova, all'Allianz Stadium ( quello della Juventus), ci saranno 30 mila persone.
Qui l'Amministratore Delegato direbbe: "Quanto costa entrare allo stadio". Non costa niente, è la risposta, tutto gratis.
Qual è l'obiettivo di questa operazione che cade perfetta in un periodo di digiuno calcistico?
Non è la stessa di quando nello stesso stadio ci fu il sold out per Juventus Fiorentina del campionato femminile?
Il gratis è la forma migliore per far conoscere il prodotto, un investimento che, se ben pianificato, dovrebbe generare il noto ROI, ossia : Return On Investment. Tanta gente, uguale tanto interesse degli sponsor, tanto interesse dei media, tanti soldi.
Se invece il prodotto fosse mediocre, l'autogoal finanziario sarebbe dietro l'angolo, proprio come regalare a chi scende dal treno un prodotto fake.
La domanda che sorge spontanea è la seguente: Che partita vedranno i 30 mila esteti del calcio abituati ad altri palcoscenici? Più o meno la qualità vista in campo a Busto la scorsa settimana?
Questo sarebbe uno spot per la serie C? Oppure, si giustificherebbe tutto dalla magica parola "gratis" che fa rima col famoso cavallo donato?
Domanda: la Juventus Next Generation è in testa alla classifica delle squadre in termini di costo ingaggio giocatori. Potrebbe essere alta l'aspettativa del tifoso che non conosce questo mondo? Probabilmente si. Sarebbe soddisfatta? Probabilmente no.
Quanti nuovi tifosi tra i trentamila presenti a Torino andranno a vedere la squadra quando tornerà nella sede di Alessandria, dove i bianconeri di futura generazione normalmente giocano?
Quale è il vero obiettivo di questa operazione? Forse far credere che la serie C ha un potenziale di tale valore? Quasi declinando la filosofia del rugby, ossia siamo in tanti sugli spalti e quindi siamo forti da "Sei nazioni"?
La Juventus Next generation fa della sua eccezionalità e diversità un marchio di fabbrica: gioca in una città diversa da quella che rappresenta, fino a ieri si chiamava "under 23", ma schierava giocatori ben più anziani, adesso si chiama "nuova generazione", ma schiera giocatori della vecchia generazione, spesso la formazione schierata è in modalità "open doors". Ossia, è un po' come la borsa che va su e giù, a volte ci sono i campioncini disponibili perchè la prima squadra non li convoca per vari motivi, altre volte è orfana di molti di loro per impellenti necessità di mister Allegri. Ovviamente, senza che gli alti vertici della Lega obiettino a riguardo della regolarità del campionato.
La Pro Patria, due anni fa, ebbe la "sfortuna" di incontrare i bianconeri nei playoff, quando si presentarono con l'abito della festa, ossia con tutti i pezzi forti al loro posto, uscendo dal torneo.
Questa volta sarà il Mantova a portare la coda alla sposa, giocando di fronte a trentamila tifosi e non a trenta come spesso accade, che si sgoleranno per sostenere una squadra fino a ieri nemmeno troppo conosciuta.
Insomma, l'eccezione che conferma la regola di una categoria composta da ricchi e poveri, da chi fatica a salvarsi sul campo e da chi non gli è permesso retrocedere, da chi lancia i giovani per rendere sostenibile il bilancio e da chi da quei giovani trae marginalità fuori categoria.
Manca solo la Var per scimmiottare il calcio di categoria superiore al quale ci si ispira nei programmi di politica sportiva dei reggenti, ma che mai neppure si sfiora quanto a copertura dei costi e appeal commerciale. Orari segmentati, stewards, stadi da 30 mila posti esauriti, nomi sulle maglie, biglietti in prevendita con relativi costi accessori per i tifosi, live televisivi, c'è tutto quello serve per illudersi di dire che tutto è uguale, anche se tutto è diverso, a partire dai dirigenti a capo delle rispettive leghe. Forse, il cambiamento dovrebbe partire proprio da qui.
Flavio Vergani
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