La mia prima Pro Patria è stata quella degli anni ’70. Quella
dei Piaceri, Frigerio, Bartezzaghi, Sergio ed Arturo Bosani, Brusadelli,
Carminati, Fornara e di quel numero sette elegante nel modo di giocare e di
essere persona per bene.
Lui si chiamava Alessandro Brunini.
Quando mio zio Valerio Bollini mi consegnò il testimone di
mio nonno Giannino Bollini e di mio zio Luigi Bollini, portandomi allo “Speroni”
all’età di sette anni, mi rivelò il nome di quell’ala destra, dicendomi “il
prossimo anno non lo vedrai più, perché lo vogliono in serie A”.
Lo scrutavo dai popolari scoperti, me lo gustavo, lo imitavo
nei miei pomeriggi al campetto di Madonna Regina, quando ad ogni mio (raro)
goal esultavo come lui.
A quei tempi, vedevo i giocatori della Pro Patria come eroi
senza tempo, inavvicinabili, adorabili dagli spalti, ma senza nessuna
possibilità di incontrarli, per quel senso di sacralità che ancora i calciatori
mi trasmettevano.
Passarono gli anni, sul campo dello “Speroni” si alternarono decine di altri calciatori, ma nel cuore rimasero quelli della mia prima Pro
Patria e rimase il desiderio di testimoniare loro un forte ringraziamento per
le emozioni regalatemi durante la mia gioventù. I social avvicinano, fanno
ritrovare amicizie perse, facilitano il contatto, diluiscono il “disturbo”, in
quanto sanno entrare nella vita delle persone con garbo, senza impegno e così,
qualche tempo fa, tentai l’approccio con Brunini. Non nego il senso di
imbarazzo, identico a quello degli anni nei quali ero piccolo, non chiedetemi perché,
ma è quello che si prova verso le persone che molto si stimano e che trasmettono
quel senso di inarrivabilità.
Alessandro spazzò via ogni mia preoccupazione con una
risposta immediata, gentilissima e con una disponibilità senza confini. Mi
disse: “Andiamo a mangiare una pizza insieme nel ristorante di Pasquale Croci,
altri ex tigrotto doc e ti racconto tutto”. Rimasi senza fiato, non ero pronto
a tanto. Tergiversai, gli dissi che per il momento sarebbe bastata un’intervista
e poi ci saremmo messi d’accoro. Troppo tardi, poi il Covid bloccò la vita di
tutti, anche se lui non perse occasione per regalarmi due sorprese. La prima:
lo trovai dietro la mia batteria a fine concerto a San Giuseppe. Sbucò dalle
tenebre e mi disse: “Sai chi sono io”? Non lo riconobbi subito, gli anni
passano confondono i ricordi, sfumano i contorni, ma quando mi disse “sono il
Brunini”, fu un’emozione fortissima. Tornò a sentire il mio gruppo in occasione
della Festa della Birra del Pro Patria Club dello scorso Luglio. Gli promisi
che sarebbe salito sul palco con noi, ma lui disse che non ci sarebbe stato per
un impegno, per poi presenziare e farmelo sapere il giorno dopo. Mi scrisse che
l’invito per la pizza era ancora valido e che mi avrebbe fatto suonare al
centro sportivo di Bienate, del quale era presidente. Gli piacque tutto di quel
concerto, tranne The Best di Tina Turner che avrebbe voluto suonata
diversamente. Un titolo che era un destino, logico che il migliore potesse
avere dubbi su quel pezzo.
Fu un’emozione per sempre poter scrivere l’intervista che
riportiamo qui sotto. Per me era come intervistare Pelè o Ronaldo, o qualsiasi
altro ritenuto inarrivabile, un desiderio di una vita. So perfettamente che il
paragone potrà apparire esagerato e fuori luogo, ma per chi ha speso la sua
gioventù, adolescenza e vita in generale con la Pro Patria come prima pensiero
della mattina e ultimo della sera diventa difficile non amplificare quello che
per altri potrebbe sembrare normale.
Poi, arriva il messaggio di Andrea Macchi che gela il sangue,
lascia sbigottiti, annebbia la vista e ammaina la bandiera della serenità di
una sera di Febbraio.
Un male incurabile diagnosticato in data 11 Gennaio lo ha
portato via a soli 68 anni. Grazie a Giorgio, nostro consigliere, un messaggio
vocale di chi lo conosce da vicino condivide le tappe del suo breve, ma micidiale, calvario che in una manciata di giorni lo ha portato via da noi. Rimane in
agenda la nostra pizza, non sentirà più la nuova versione di The Best, chissà
se gli sarebbe piaciuta, rimane un freddo gelido in fondo al nostro cuore.
Ciao Alessandro, grazie per quello che sei stato e per come
lo sei stato, grazie per avermi e averci regalato tante emozioni, onorando la
nostra maglia. Grazie per il tuo garbo, il tuo stile, i tuoi sorrisi, la tua
splendida umanità. Grazie per essere stato un modello della mia gioventù, un
campione umile, un uomo da amare e imitare. Grazie per essere stato un tigrotto vero e un uomo fiero.
Te ne sei andato come avresti voluto, in silenzio, con
garbo, senza che nessuno se ne accorgesse. Ora, che tutti se ne sono accorti,
la nostra e tua maglia biancoblù sembra ancora bagnata dal tuo sudore, invece
sono le nostre lacrime.
Siamo vicini a tua moglie Claudia, ai tuoi figli Emanuele e Roberto, alle nuore Alessandra e Ongmu, ai nipoti Lorenzo e Giorgia, certi che saranno orgogliosi di te perchè ha lasciato loro qualcosa di eterno: il tuo esempio perfetto.
Ora proteggili dal cielo.
Dopo il tuo riposo alla casa funeraria di Sant’Ambrogio
di Magnago, lunedì mattina tornerai al tuo campo sportivo di Bienate, dove ti
aspettano in tanti per applaudirti forte. Poi, nel pomeriggio, alle 14,15, in Chiesa Parrocchiale di Bienate, l’ultimo saluto, prima della tua ultima
trasferta.
La Polisportiva Bienatese ti ha salutato con queste parole:
Non avrebbe mai voluto creare tristezza, per questo ti chiediamo un sorriso per
il nostro Presidente. Non sarà semplice, ma se è questo che desideri, allora
Alessandro, sorridiamo anche noi.
Niente fiori, ma opere di bene: Fondazione Malattie del
Sangue Iban IT96T05033401726000000043254
Ciao Alessandro e grazie di tutto!
Io ti ricordo così, il regalo più bello che mi hai fatto: GRAZIE ALESSANDRO BRUNINI
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