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Sono un runner militante nella categoria scarsoni e me ne vanto. Non sono mica il Macchi! Bello lo stesso correre senza l'assillo del tempo, degli avversari, ma solo sentendo in cuffia un po' di buona musica  o magari la Zanzara di Cruciani. Insomma, una corsa fetish, in tutti i sensi. Mi piace indossare maglie diverse, alcune unbranded, altre" come from Decathlon", oppure quelle delle squadre di calcio. Acquistate, non amo il collezionismo d'autore. Non importa la squadra, basta che abbiano bei colori, oppure legate a ricordi importanti.

Capita che qualcuno mi guardi storto quando corro per Busto con la maglia del Liverpool, della Roma, della Fiorentina. Qualcuno ride, altri fanno il dito, altri sorridono per manifestare approvazione.

Avevo tre maglie della Pro Patria, intoccabili, appese al muro. Chi le schioda? Adesso ne ho quattro. Quella di Alessandro Piu era lì sulla sedia, pronta per essere chiodata al muro. Guardala oggi e guardala domani, la tentazione ha vinto e per la prima volta, questa mattina ho corso con la maglia biancoblu della Pro Patria.

Avevo forti aspettative. Mi dicevo: mi vedranno in molti e mi saluteranno, esterneranno ammirazione ( per la maglia, ovviamente), forse per il nome dietro le spalle, ossia quel 27 di Piu, magari mi fermeranno per chiedermi della Pro Patria.

In genere, corro guardando la strada, oggi scrutavo i guidatori delle auto, i passanti col cane o senza, i ciclisti, persino i balconi da dove sbucavano casalinghe al cambio delle lenzuola. Nessuna reazione.

Ero già al quinto chilometro, ne mancavano cinque, perchè l'autonomia è quella che è, ma la delusione era già al massimo dei giri.

Forse saranno extracomunitari che non possono conoscere la storia di questa maglia, forse è un orario troppo lavorativo che segmenta per difetto i possibili supporters della Pro Patria, o forse è semplicemente un caso. Ogni passo una speranza prontamente delusa da sguardi fuggevoli, teste girate, complimenti al proprio cane, anche se qualcuno impresentabile per dimensioni o aspetto. Insomma, l'indifferenza totale.

Ho cambiato il solito percorso a favore di una strada più centrale, più trafficata, senza esiti positivi.

Poi, quando orami vedevo il traguardo di fine corsa, ecco un forte clacson che scuoteva i miei timpani impegnati dagli auricolari che sparavano una consolatoria musica di Springsteen. Immediata la reazione per individuare chi fosse. Non era un auto, bensì la Croce Rossa, il cui conducente si sbracciava per salutare la maglia. Il suo sorriso era luminoso come il bianco e blu della mia maglia, il suono del suo clacson come le trombe della curva, il suo entusiasmo come quello del goal del Lecco a Rezzato.

Finita la corsa, iniziata la riflessione per la (in)differenza verso questa maglia che solo chi vive lo stadio, anche se dentro un'ambulanza, è riuscito a limitare.

Meglio le corna o il dito medio per aver indossato la maglia della Roma, oppure l'indifferenza per aver messo quella della Pro Patria a Busto?

Flavio Vergani


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