Preso atto che la serie C non è un prodotto vendibile ad alto prezzo, presa coscienza del suo scarso appeal con le televisioni e la fuga dagli stadi dei tifosi, che sta avvenendo in molte città, i dirigenti federali puntano decisamente a dequalificare lo spettacolo in cambio dell'autostostentamento del sistema. Unico e ultimo passo prima di alzare bandiera bianca e pensare ad un salto all' indietro, con una serie C di elite e una semiprofessionsitica. Niente di diverso da quanto c'era prima con la serie C2.
La novità di quest'anno dice che è possibile avere in rosa un numero illimitato di giocatori nati dopo il 2001 se provenienti dal settore giovanile, senza limiti di inserimento nella rosa dei ventiquattro.
Per accedere ai contributi, sempre tre giocatori in campo per novanta minuti ciascuno, più un subentrante che deve assicurare altri minuti aggiuntivi ( da 270 minimo a 450 massimo)
I giocatori apporteranno vantaggi diversi in termini monetari secondo l'anno di nascita: 0,8 per calciatori nati nel 2001. 1 per i 2002, 1,2 per i 2003 e 1,4 per i 2004.
Inoltre, punti bonus per i giocatori nati nel settore giovanile e schierati nelle categorie Primavera, Under 17, Under 16, Under 15, Allievi Provinciali e Regionali, Esordienti con tesseramento almeno di due anni, anche non consecutivi e anche a titolo temporaneo.
Per farla breve, più giovani giocano, più sono giovani, più sono fatti in casa e più il contributo sale, fino a massimi compresi tra 400/500 mila euro all'anno, che su un monti ingaggi della Pro Patria, mai detto, ma sempre sussurrato, che è sotto i 900 mila euro, significa un bel 50% di copertura. Poi, tra sponsor, diritti televisivi, premi di valorizzazione per giovani di altre squadra, cessioni con plusvalenza si cerca di far quadrare il conto economico, che prevede, ovviamente, anche i costi vivi e dello staff che vanno aggiunti.
Una scelta obbligata per chi non dispone di altri mezzi per non annegare nei debiti procurati da un business per niente bilanciato dai ricavi di pubblico e merchandising, ma che inevitabilmente impoverisce la qualità di quanto proposto in campo, lima le ambizioni, traccia solchi tra le società forti di passaggio in serie C e quelle appena arrivate dai dilettanti o in seconda fascia da sempre. Poi, per dare colore ad un paesaggio grigio e depressivo, ci si inventa i playoff per far sentire protagonisti anche i decimi, ma che mai producono un salto di categoria per gli outsiders. Quando avviene, come nel caso del Lecco, si rischia di precipitare dalla serie B alla terza categoria e allora si capisce che qualcosa non funziona.
Chi punta a salire deve necessariamente fare a meno di ricorrere a bilici di giovani rischiando il tutto per tutto a livello economico con pesanti ripercussioni in caso di mancata promozione, mentre tutte le altre dovranno lottare per le posizioni di rincalzo con rose super giovani, massima attenzione al settore giovanile, con allenatori che subiscono sempre maggiori limitazioni in termini di formazione. che deve prevedere giovani in numero fisso a prescindere dalla miglior scelta disponibile.
Una costrizione che genera un decadimento dello spettacolo, un calcio sempre meno tecnico e sempre più agonistico che allontana gli esteti del bel gioco.
Forse, sarebbe ora di ripensare alla formula e accettare l'ipotesi di una serie C di elite per chi si può permettere budget da serie B2 e una serie C più young con finalità di scuola calcio dove far esordire i giovani, magari quelli veramente bravi, evitando che gli stessi, quando usciti dall'area under, debbano faticare a trovare una squadra. Cottarelli e Banfi al Varese( Serie D), Galli alla Offanenghese (Eccellenza), sono un esempio concreto.
Flavio Vergani
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