Black Sunday

Nero come il Black Friday, ma era domenica. Nero come le tenebre invernali che già alle 17,30 avevano avvolto lo “Speroni”, nero come la classifica della Pro Patria, nero come l’ultimo posto dei goal realizzati, neri come i muri del Museum della Pro Patria, dove un banale incendio ha sfrattato la rappresentazione della storia biancoblu, dando il via ll’ennesimo count down del “quando si farà qualcosa”. Terminato quello del campo in sintetico, in corso quello degli altoparlanti, in coda quello del Museum. Avanti così!

Colpiva il silenzio degli ultrà, che si sono stretti intorno ad un loro ferito in guerra, un silenzio che faceva sentire anche gli sbadigli di una partita di anticalcio. L’ambiente era spettrale. Quattro settori aperti: la curva, completamente vuota, i distinti che apparivano come la testa di chi ha l’alopecia, con qualche capello qua e pochissimi là, la curva dei tifosi ospiti, che più che tifare pensava a contestare una squadra pluriscudettata precipitata nell’inferno della serie C. Ma di cosa vi lamentate, almeno un po’ di serie B ve la siete goduta…qui si sogna mai e ci si dispera sempre. Oppure ci chiamiamo anche noi “Pro”.

In tribuna stampa “Premium”, dove c’è chi scrive sempre di Pro Patria e chi scrive quasi mai, girano le scatole di cioccolatini, in tribuna stampa low profile, dove c’è chi scrive poco, chi non scrive mai e chi scrive sempre, girano solo le scatole. Come diceva Gianni Brera non conta quanto scrivi, ma cosa scrivi e ognuno si sceglie il proprio destino.

In campo ventuno comparse e un giocatore che non ha dimenticato l’essenza del calcio: segnare un goal. Lui si chiama Comi, il resto si chiama coma. La fiera delle intenzioni che popolano i pre partita e i post partita, senza che cambi una virgola nel gioco, nell’approccio, nel risultato. Si lavora bene in settimana, ma subito dopo la partita il rosario è sempre recitato allo stesso modo: dobbiamo migliorare, non basta quello che facciamo, dobbiamo dare di più. Da capire quando, come e perchè. Fa rumore il silenzio della società arroccata nella torre d’avorio in attesa che passi la buriana che sta travolgendo le speranze di inizio campionato, quando Sandro Turotti aveva alzato l’asticella, dichiarandosi non soddisfatto di un dodicesimo posto ottenuto nel precedente campionato. Adesso che la squadra è sedicesima cosa dirà? Le ultime sue parole risalgono a qualche settimana fa, alludevano ad un progetto da condividere che ancora aspettiamo di conoscere nel dettaglio, visti i risultati del campo,vista una campagna acquisti del tutto discutibile e visto l’immobilismo che da sempre concede fiducia a chi ha prima ottenuto un piazzamento a lui non gradito e poi un peggioramento dello stesso. Indizi che fanno nascere molti dubbi sulla possibilità di “scrivere una pagina importante della storia della Pro Patria” (citazione dello stesso Turotti).

Tra silenzi, depressioni e imprecazioni, ecco la botta di energia che ha svegliato chi dormiva e riportato ai tempi che furono, quando allo stadio si poteva contestare, litigare e sfanculare, senza che nessuno ai piani alti desse lezioni di eticità o decidesse cosa si puà dire e cosa no per non entrare in modalità “lesa maestà”.

Dicono fosse il papà di Curatolo che stanco di sentire le critiche verso il figlio ha deciso di dare una svegliata all’ambiente. Ha fatto presente che sugli spalti circola molta ignoranza calcistica, visto che nessuno capisce che non è il figlio che gioca male, ma è  la squadra che “gioca di merda”. Che dire, un bel match nel capire chi tra i due giochi peggio, peccato che la squadra sia più o meno, anzi meno, quella dello scorso anno per cui si sapeva, sarebbe bastato non rimanere e scegliersene una tagliata su misura.

La Black Sunday non poteva che avere un finale in tinta, doccia gelata con il solito goal subito nel finale, proprio dopo che, per l’ennesima volta, Mister Colombo si dimostrava allenatore alla moda, cambiando quello che c’era da cambiare col solito risultato di sempre, ossia che non cambia niente, oppure cambia in peggio. Uno sfoggio di rosa “lunga” che è invece supercorta, di alternative che non esistono se Alcibiade fa rima con Reggiori ( con tutto rispetto per il ragazzo, ma capiscimmi a me) e se hai l’infermeria piena come Primark nel primo giorno di saldi.

Poi. ecco la fiera dei non si può…non si può prendere un goal così, non si può non congelare la partita…non si può non chiudere la gara. Si che si può…era successo…è successo e succederà, perchè nel calcio la differenza la fa la qualità e non le parole. Qualità di chi difende, di chi attacca e di chi allena. Nulla è lasciato al caso, nulla è scontato, o almeno, lo è al Black Friday, ma qui si giocava di domenica.

Flavio Vergani

 

 

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