Il calcio è l’allegoria della vita. Ci sono parallelismi spontanei, immediati, quasi automatici che fanno valere le stesse regole nei due mondi. Si pensi alla scuola con gli allievi, l’insegnante, il preside. Oppure, nel mondo del lavoro con i dipendenti, il capo, il proprietario. Oppure, il mondo del commercio, con i produttori, i prodotti e i clienti. O, infine, la politica con i candidati e gli elettori. Mondi paralleli, ma incidenti, con i calciatori, l’allenatore, il presidente, i tifosi, che determinano il pianeta calcio. Mondi identici dove valgono le stesse regole, gli stessi indicatori di performance. Poco importa se nel marketing si chiamano key process indicator, nel commercio quote di mercato, nella scuola valutazioni e nella politica voti. Mondi accomunati da una parola che si pronuncia performance, ossia un numero che determina strategie, scelte, decisioni, investimenti. Numeri che promuovono e bocciano. Mondi dove esiste la possibilità di esprimere pareri, promuovere la soggettività di pensiero quale esercizio di retorica, ma alla fine, è la crudeltà del numero a far decidere. Numeri che spiazzano i pareri, anche quelli forniti con ineffabile certezza e disinibita sicurezza da chi, chissà perchè, crede sempre e comunque di saperle sempre tutte, tanto da screditare sempre e comunque chi la pensa diversamente da lui, imbastendo trame dove domina il pregiudizio o ricorrendo alla dietrologia spiccia per costruire il modello perfetto di un personaggio al quale da sempre ambisce diventare, senza esserci mai riuscito. Il numero chiude la bocca allo studente bocciato, al capo e al politico trombato. Poco importano le successive solite, banali, ridicole giustificazioni che vengono messe sul tavolo. Lo studente si sente fuoriclasse e la colpa è dell’insegnante, il politico si sente superiore e sono i votanti a non capire, il capo dà la colpa ai collaboratori. La sostanza non cambia, il numero punisce, sanziona, elegge, promuove, oppure boccia. Il numero è spietato, ma è anche consigliere se esiste l’intelligenza di leggerlo e ascoltarlo. Serve mettere da parte antiche certezze, liberarsi dalle catene dell’idolatria, scegliere se servire Dio o mammona, guardare in faccia alla realtà senza farsi condizionare dal passato o proteggere a tutti i costi il presente perchè terrorizzati dal futuro.
La Pro Patria è quint’ultima in classifica, terz’ultima nel rendimento interno, quint’ultima quanto a goal segnati, quint’ultima per goal subiti. Giocatori che fino a ieri erano intoccabili super titolari, oggi sono in panchina e quando giocano non brillano per la maggior parte dei tifosi, la difesa era l’asset aziendale e ora ha rating Moody’s pari a B3(rischio sostanziale), le “azioni” più remunerative in ambito offensivo tenute nel cassetto con rendimento zero a favore di presunte garanzie che “titoli” del passato a lunga scadenza dovrebbero fornire, ma al momento sono in totale default.
Nei mondi paralleli lo studente andrebbe a ripetizione, il politico cambierebbe programma elettorale, il negoziante cambierebbe prezzi o prodotti, l’azienda cambierebbe il capo.
Nessuno darebbe la colpa ai clienti, che nel calcio si chiamano tifosi. Sono l’ultimo anello di una catena di responsabilità che possono agire sulle decisioni prese a monte solo ed esclusivamente esprimendo un parere sul servizio o prodotto ricevuto. Le famose recensioni oggi tanto di moda nel modo online. Mettersi a contestare i pareri etichettandoli come disfattisti se non piacciono, o peggio ancora, cercare di certificarli chissà in base a quali superiori conoscenze, non è certamente guardare in faccia alla realtà che dice la stessa cosa detta dai numeri. Che nella vita non hanno mai avuto rispetto per nessuno, studenti raccomandati, politici appoggiati o capi con false lauree e questa è da sempre la loro forza. Ovviamente, è richiesta lucidità per la loro lettura, false convinzioni di superiorità, talebanismi intellettuali e idolatrie conclamate sono rischi da valutare in sede di lettura che potrebbero fare un torto alla oggettività del numero.
I numeri quando negativi dovrebbero unire e non dividere, dovrebbero favorire la riflessione nuda e cruda, dovrebbero servire per fotografare una realtà in bianconero e non cercare a tutti i costi di farla apparire a colori, solo per far contento il fotografo. I tifosi tifano per la Pro Patria e non per qualche suo giocatore, i tifosi se fino a l’altro ieri hanno applaudito e ieri non lo hanno fatto, serve capire il motivo e invece di lasciarsi andare a reazioni fuori luogo, occorrerebbe abbassare la testa e remare più forte. Dare l’esempio è da sempre qualità dei fuoriclasse e questa era l’aspettativa che avrebbe giustificato il titolo che a questo punto diventa dubitativo. E’ vero che gli Ultrà vincono sempre, ma la Pro Patria non vince (quasi)mai, per cui forse la reazione dei tifosi aveva un suo perchè e andava compresa e colta occasione per dare la certezza che si è consci di quello che i numeri suggeriscono. Contestarli fa nascere il dubbio che questo non sia così chiaro e questo davvero preoccupa.
Flavio Vergani