Fiorenzuola, Atalanta U23, Alessandria, Pro Sesto, Novara, AlbinoLeffe in casa, Legnago, Virtus Verona, Giana Erminio, Arzignano in trasferta.
Questo il non irresistibile calendario dei tigrotti che torneranno ad incontrare una grande il 4 Febbraio a Trieste.
Tutte partite che fanno parte del gruppo di squadre abbordabili, ossia di quelle che non ti fanno fasciare la testa prima di averla rotta, come sembra sia accaduto a Vicenza dove, nel dopopartita, le parole di Mister Colombo sono apparse un inno alla rassegnazione psicologica preventiva e non postuma e questo ha lasciato molto perplessi.
Le “piccole” devono vivere di automotivazione, di voglia di stupire, devono essere mentalmente focalizzate sulle grandi imprese che fanno maturare l’autostima, fanno credere in se stessi, questo vieta di ritenere nulla impossibile, Trattasi di una traccia psicologica importante da coltivare ogni giorno con gesti, parole e atteggiamenti che non possono mai far calare la tensione, far percepire debolezze, far nascere il tarlo dell’inferiorità, far subentrare la rassegnazione. Il segreto delle grandi imprese è sempre lo stesso, ossia la capacità di crederci tutti e sempre, senza mostrare crepe o dubbi, soprattutto da parte del comandante.
La frase scritta sui muri degli spogliatoi e nella testa dei giocatori deve essere sempre e comunque “We can” e non “We can’t”.
La Pro Patria, già di suo, soffre nel trovare il giusto approccio alle partite, lo dicono i numeri che hanno sempre ragione, lavorare su questo aspetto vuol dire alzare la tensione positiva, porsi obiettivi sfidanti, alzare l’asticella, mai dicendo che è troppo alta, ma sempre alla portata.
Sono i segreti che hanno fatto miracoli con le squadre costruite dal Direttore Sandro Turotti, che hanno permesso di vincere sempre, o quasi, con le squadre poi volate in serie B. Imprese che hanno esaltato i tifosi e i giocatori stessi con vittorie in quel di Pisa, di Alessandria, a Salò, ma anche nell’ultima vittoria casalinga dell’anno in corso, ossia col Vicenza. Un aspetto importante da monitorare e tenere in considerazione in quanto in grado di fare la differenza. La Pro Patria di oggi nulla a che vedere con quella del recente passato. Gioca sotto ritmo, non pressa, non si esalta, non trasmette una sensazione di solidità in nessun reparto. Non incantano i nuovi arrivati, deludono i vecchi, ad eccezione di Fietta. Impossibile pensare che Sandro Turotti abbia perso di colpo tutta la sua saggezza e capacità di centrare i giocatori. Nel passato tutti, o quasi, di buon livello, quest’anno nessuno? Impossibile pensare che chi già giocava nella Pro Patria con ottimi risultati abbia disimparato a farlo. Ovvio che si siano motivi contingenti che stanno influendo sul solito progetto. Variabili che stanno scalfendo le solite certezze. Ora, se la squadra gioca sotto tono, pressa poco e non dimostra dinamismo i motivi potrebbero essere sintetizzati e trovati in due macroaree: o per colpa delle gambe o per colpa della testa. Se il motivo fosse il primo, occorre rivedere il lavoro atletico, se fosse il secondo occorre rivedere il lavoro psicologico e motivazionale. In causa sono chiamati nell’ordine il preparatore atletico e l’allenatore.
Se invece, nessuno di questi motivi fosse quello giusto, allora la situazione si complicherebbe, vorrebbe dire che per motivi vari, chi ha sempre garantito una performance determinante, come Nicco, Bertoni, Lombardoni, Ferri, Saporetti, Ndreka Piran, sono improvvisamente imbrocchiti e da protagonisti perfetti per centrare i playoff sono diventati perfetti per i playout e che i nuovi arrivati sono stati un bilico di errori da parte di Turotti. Il portiere non para o para male, Mallamo da migliore della sua precedente squadra a anonimo giocatore nella Pro Patria, Marano da punto di riferimento del Renate a oggetto misterioso nei biancoblu.
Difficile pensare che sia accaduto questo, più facile pensare a qualcosa da migliorare ricadente nelle prime due precedenti ipotesi.
Non abbiamo parlato dell’attacco, perchè qui, da sempre pensiamo si siano presi dei rischi calcolati(male).
Rinunciare a due attaccanti in cambio di uno fermo da un anno per un intervento al crociato, e tutti sappiamo cosa voglia dire in termini di ripresa un infortunio del genere che mina non solo l’aspetto fisico, ma soprattutto quello mentale, sia stato un azzardo e tale si sta dimostrando.
Se poi, non trattasi di una rinuncia strategica, in quanto la scelta doveva premiare il gioiellino Pitou, dandogli modo di vedere il campo con più frequenza, allora serve dimostrarlo con i fatti, prendendosi il coraggio di ritagliare un modello tattico a lui confacente e credere in tale modello fin da subito e non quando i buoi sono scappati e pretendere che il più giovane risolva i problemi dei più anziani.
Certamente Pitou non è e mai sarà la soluzione del problema, pur bravo, il ragazzo ha dimostrato colpi geniali ma anche discontinuità di rendimento, tale da limitarne il suo utilizzo, ma se il giocatore non è pronto per una titolarità, allora la rinuncia a due attaccanti in cambio di uno diventa una scelta discutibilissima.
Per la cronaca, l’amico Massimo di Arezzo ci comunica che ieri nella gara col Pineto sono andati in goal due ex tigrotti: Gucci per l’Arezzo, al suo quinto goal stagionale e Chakir per il Pineto, al suo terzo goal stagionale.
Otto goal in due e non stiamo parlando di Halland!
Flavio Vergani