Nella caccia alle responsabilità di questo inizio di campionato deludente si sente spesso nominare la “società”. Chi è oggi la società? Ci sono due anime: la minoranza che detiene il 49% delle quote e la maggioranza che detiene il 51%.

Quanto detto in data 11 Giugno dalla Presidente Patrizia Testa, ossia che sulla carta è così, ma nella realtà “è come se avessimo tutti e due il 50%”convince davvero poco. Anzi, per niente.

La realtà dei fatti è quella dei numeri che dice che oggi c’è la maggioranza che paga e decide e la minoranza che paga un po’ meno, ma giusto un po’, ma non decide. Una situazione paradossale nella quale chi è pronto ad entrare in società per darle un futuro diverso è tenuto in stand bye da chi da tempo ha fatto sapere di voler uscire dalla Pro Patria prima possibile, senza però trovare il coraggio di tagliare quel cordone ombelicale che lega la proprietà.

Ovviamente, e chi non lo farebbe, chi è in procinto di uscire dalla società non è per niente disponibile a investire nulla di più del minimo sindacale per una bene che non sarà più sua, mentre i nuovi, anche qui giustamente, legano i futuri investimenti alla piena proprietà della società. La sintesi? Il vecchio proverbio che dice che il cane che ha due padroni muore di fame.

I motivi per i quali il famoso closing non avviene è oggetto delle più disparate ipotesi che circolano tra i tifosi. Ipotesi che partono da scenari del tutto pessimistici che non credono all’esistenza della Fiduciaria, o pensano che sia solo una scatola vuota creata ad arte per chissà quali obiettivi, a quelli meno drastici, ma altrettanto preoccupanti, che danno per certo lo scioglimento del nuovo progetto senza nemmeno che sia iniziato.

In mezzo, ci sono le ipotesi più “professionali”, ossia di gente del mestiere che sguazza nella finanza che riferisce di un’attesa legata a terremoti finanziari che investirebbero il pianeta Mediobanca e quello Monte dei Paschi di Siena dai quali dovrebbe scaturire la scintilla che accenderebbe il progetto biancoblu.

Ovviamente, “mio cuggino” che ha fatto la terza media da ripetente fa sapere che di queste cose non ci capisce un acca, ma a fiuto dice che uno di Mediobanca, o del Monte dei Paschi o comunque il Luca Bassi di turno giusto per fare un nome, non avrebbe problemi ad acquistare la Pro Patria non in dieci mesi, ma in dieci minuti, visto che la società non ha assests se non la ormai svalutata “storia” o  il vituperato “titolo sportivo”.

In effetti, il discorso di “mio cuggino” non fa una piega, ma nessuno butta i via i soldi, anche a questi livelli e quindi ecco il discorso che in questi giorni è quanto mai di attualità, ossia relativo alla preoccupazione relativa al prezzo di cessione. Il prezzo è giusto? E’ stato concordato? Oppure fluttua come le azioni del mercato finanziario? Rumors di quelli che le sanno tutte riportano che sarebbe in corso una valutazione societaria inversamente proporzionale alla svalutazione che la stessa ha avuto e sta avendo dopo gli ultimi risultati. Insomma, la richiesta sarebbe “dinamica” verso l’alto e questo, seppur i nuovi dirigenti avrebbero un calibro tale che la fluttuazione non gli toglierebbe il sonno, comporterebbe una resistenza all’acquisto più di principio che di sostanza.

Questi, come gli altri, sono rumors e quindi privi di ogni ragionevole certezza ed è quindi difficile capire quali di queste ipotesi stanno rallentando l’avvio del nuovo progetto.

Certamente qualcosa generando questo stallo rischioso un po’ per tutti. Per i tifosi che potrebbero rivivere l’incubo dello scorso anno, per la Presidente Patrizia Testa che, stanca e da sempre desiderosa di passare la mano, potrebbe ritrovarsi senza alternative valide nel caso il 49% si scocciasse di questo standbye cedendo le sue quote al primo che passa e quindi sfilandosi dal progetto.

A chi conviene questo stallo? A nessuno. E allora perché esiste e non si trova una soluzione?

Una cosa a nostro avviso non va confusa e va detta con estrema chiarezza. In una società con le quote divise al 51% e al 49% tra i due proprietari, le responsabilità e quindi i meriti o le colpe non si segmentano al 51% e al 49%, ma per definizione, ossia di default, colpe e meriti sono sempre assegnati al 100% alla maggioranza. Questo perché chi decide vince o perde, chi ascolta senza poter incidere sulla decisione la subisce.

Per cui, oggi la società di “riferimento” è la solita che, se è vero che ha beneficiato dell’extra budget garantito dalla condivisione dei costi di esercizio grazie a Finnat, è anche vero che di fatto le scelte strategiche più di impatto sono per logica decise dal 51%.

Parlare oggi di una società quando ne convivono due diametralmente opposte come concezione del business e della strategia di sviluppo del progetto è davvero una sintesi approssimativa e lontana dalla realtà.

Questo non per dare colpe a tutti i costi all’attuale gestione, ma la stessa Avvocata Zema durante la conferenza stampa di Giugno disse che la Pro Patria è stata riammessa grazie a Patrizia Testa, vero bomber dello scorso anno quando riuscì a salvare la Pro Patria dalla serie D con l’oculata gestione economica del club. E, siccome, la stessa Testa aveva appena comunicato che Finnat faceva parte del board societario dall 1 Luglio 2024, Zema avrebbe potuto prendersi uguale merito invece di citare solo la vera protagonista dell’impresa fuori campo. Giusto così, tutto torna con quanto da noi scritto sopra, ovviamente il discorso fila per meriti e colpe. Oggi è il momento delle colpe, ma cambierebbe poco se questa squadra dovesse iniziare stupire.

Di tutto, una cosa sola interessa ai tifosi, ossia che il cane con due padroni possa vivere bene e non morire di fame.

E per fare questo…avanti a Testa Bassi

Flavio Vergani

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