In silenzio verso il baratro

Per fortuna ci sono i social dove qualcuno ancora commenta le sorti della Pro Patria. Altrimenti ci sarebbe solo il silenzio che fa rima con rassegnazione. La Pro Patria scivola sempre più verso il baratro della serie D, dopo che per tutto il campionato chi avrebbe potuto e dovuto intervenire non lo ha fatto. Campagna acquisti perdente con cessioni importanti e arrivi non di pari livello, conferma di un allenatore che già lo scorso anno lasciò a desiderare, campagna acquisti invernale non incisiva, cambio allenatore, ma non dello staff, che ha ristretto la rosa dei candidati.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Persino Mister Caniato ha faticato a trovare le giustificazioni per l’atteggiamento di ieri ricorrendo al solito ritornello della “tre partite in una settimana” che sembrano molte, ma in realtà trattasi solo di una in più del solito. Se questo è il problema per una squadra sull’orlo del precipizio diventa inutile ogni speranza, ogni aspettativa, ogni ottimismo.

La realtà è un’altra, è sempre la stessa di sempre, ossia che la qualità della squadra costruita da Turotti è questa e i numeri la confermano. Peggior attacco del girone vuole dire qualcosa, Reggiori e Sassaro diventati improvvisamente importanti dopo la debacle Lombardoni, Nicco e Palazzi in panchina, sono le conseguenze di scelte ad alto rischio che hanno restituito la situazione attuale.

Davvero deprimente è dover sperare, a qualche giornata dalla fine del campionato, non nella salvezza, ma nel poter giocare i playout. Ossia, ci si deve preoccupare di non arrivare a più di otto punti da chi potrebbe rappresentare una possibilità di salvezza. Una realtà che fa rima con una gestione fallimentare della stagione che l’ormai educato popolo bustocco sta accettando nel silenzio totale, preferendo prendersela con gli allenatori avversari rei di guidare al meglio la propria squadra, piuttosto che con chi ha messo la firma su questo progetto che si spera recuperabile per i capelli, ma che rimarrebbe comunque perdente e deludente.

Una panchina lunga più per gli allenatori che per i giocatori, attaccanti che messi insieme fanno meno goal di Alcibiade che di lavoro fa il difensore, rigori buttati al vento, costanti rimonte degli avversari nei secondi tempi con fiducia intonsa verso il preparatore atletico, un secondo portiere del quale si conosce il nome ma non il volto, senior come Palazzi spariti dai radar, sono la fotografia dei problemi di questa squadra. Riferirsi alle tre partite, invece di due in una settimana, è esercizio filosofico che va giusto bene per far capire di non aver niente di diverso da dire. Per cui, trattasi di una patologia chiara e non di una sporadica influenza di stagione. Forse la cura migliore è dire al malato terminale la verità, i medici finora hanno fallito o forse hanno fatto meno di quello che avrebbero potuto fare.

L’unico modo per guarire a questo punto è che sia il malato a crederci, un po’ come sta facendo Ferri che da buon capitano sembra essere uno dei pochi che sente addosso la nostra maglia. Per tutti gli altri, la retrocessione vorrebbe dire immediata risoluzione del contratto in essere, proprio in concomitanza dell’arrivo della nuova ambiziosa dirigenza. Un danno per tutti, per i tifosi che si troverebbero nuovamente tra i dilettanti e per i giocatori che si troverebbero a piedi e con un curriculum sporcato da una retrocessione. Se vi piace così…

Flavio Vergani

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