Playout vincenti per Triestina e Lucchese che hanno condannato Caldiero e Sestri Levante alla serie D. Grande festeggiamenti col morto in casa e biglietto prenotato per l’inferno.
Salvezze ottenute con quasi tre milioni di “pufatti” in casa toscana e ben sei milioni in casa alabardata. Corazzate del debito che si sono incagliate senza speranza di salvezza. Piovono punti di penalizzazione a go go , ennesima pagliacciata di un calcio che assegna penalizzazioni ai morti, senza tutelare i vivi che, seppur poveri, avevano onorato le scadenze. Caldiero e Sestri Levante in serie D, Triestina e Lucchese forse in Eccellenza. Per cui, non si è salvato nessuno delle quattro partecipanti ai playout : due sono retrocesse e due sono sparite. La condanna della corte non si ha da fare, perchè i colpevoli sono morti e rinasceranno in una altra vita, in un’ altra categoria, in un’ altra dimensione. Care Caldiero e Sestri Levante, scusate il disturbo di avervi fatto giocare contro morti che correvano, non vostra la colpa, ma la pagate lo stesso.
La Pro Patria (e a questo punto anche qualcun’altro), ha comprato i fuochi d’artificio per festeggiare i funerali fissati per il 6 Giugno, quando servirà produrre il nuovo certificato di esistenza in vita. La retrocessione è stata solo un’impressione, l’importante è la riammissione un affare che costa zero euro e riporta il calcio bustocco nel professionismo, senza colpo ferire. Ovviamente, va benissimo così, a caval donato non si guarda in bocca, ma è ovvio che la comprensione per chi dovesse obiettare è massima.
“E se facessimo come il Mantova…”?, dice qualcuno che ha assistito alla promozione dei virgiliani proprio dopo una retrocessione e successiva riammissione. Mai come questa volta il parallelismo ha un suo perchè. Secondo quanto annunciato dalla maggioranza attuale, in caso di serie C il processo di passaggio delle quote alla minoranza dovrebbe essere velocizzato. I nuovi, nonostante ci si affanni a celarne i nomi, hanno un profilo ben identificato in termini di reputation, di potenzialità e di background e certamente hanno in mente un progetto meno artigianale di quello running. Ovviamente, questo non significa promozione diretta al primo anno, ma certamente una vision che va al di là del “io speriamo che me la cavo”, che ha garantito stabilità e per questo va detto grazie, ma non rump-up, visto che l’ossessiva declinazione della spending review non ha permesso investimenti laterali al processo in grado di industrializzare il business.
Questo dovrebbe cambiare il mood del nuovo progetto che potrebbe essere di ampio respiro e in grado di sviluppare strutture fisiche e di risorse umane utili a compilare un organigramma rimasto orfano di figure importanti e indispensabili in questi ultimi anni.
La Pro Patria di oggi è Presidente centrica (pure troppo in alcune declinazioni prettamente operative per le quali si è stabilita un’eccezionalità persino esagerata e ad alto rischio low reputation), che ha accentrato il potere decisionale e quindi velocizzato il progetto, ma ha anche prodotto una sterilità in ambito di collaboratori delegati ad alta competenza. Impensabile che una società ambiziosa possa rinunciare ad un organigramma diversamente organizzato, in modo che le singole funzioni abbiano riferimenti e obiettivi chiari, definiti e con aspettative di sviluppo misurabili.
L’ufficializzazione della riammissione dovrebbe sbloccare il processo e finalmente far conoscere ai tifosi il nuovo programma che tutti sperano non debba far rima solo e sempre con giovani, under, salvezze risicate, playout persi.
I tifosi si sono manifestato in presenza e con passione nell’ultimo playout, per cui, esiste una base di partenza sulla quale costruire un presente vincente che questa gente aspetta da troppo tempo.
Flavio Vergani