Per colpa di chi…chi…chi?, canta Zucchero. E’ stata tua la colpa, canta Edoardo Bennato. E Busto cosa canta? Dipende dal cantante. Qualcuno ha messo come suoneria del cellulare i pezzi di Zucchero e Bennato, altri quello dei Subsonica che cantano “Nessuna colpa”.
Colpa di tutti e di nessuno
E’ davvero vario lo scenario che propone accuse pesanti a 360 gradi con colpe assegnate a Patrizia Testa, al Direttore Sandro Turotti, all’allenatore Riccardo Colombo e persino al portiere Rovida, ad accuse più indirizzate che colpiscono ora solo la proprietà per un budget ritenuto troppo basso per consentire a Turotti di allestire una squadra competitiva, ora a Turotti per il tardivo cambio dell’allenatore, ora ai giocatori rei di aver sbagliato troppi rigori.
Questi i falchi, ci sono poi le colombe che non colpevolizzano Patrizia Testa graziandola per quanto fatto nel passato a supporto della Pro Patria e non colpevolizzano neppure Sandro Turotti che con quel budget non poteva fare di più. Insomma, colpa di nessuno, tanto che qualche tifoso si è chiesto se la sintesi di questo pensiero fosse che la colpa (è come al solito) dei tifosi. Altrimenti chi rimane? Il Giuseppe custode dello stadio. Non dai…siamo seri!
Un quadro che ha tinte forti per alcuni e colori sfumati per altri, altri che sembrano confondere i ringraziamenti dovuti con la lettura dei fatti specifica e riferita ad un singolo episodio che mai metterà in discussione i meriti pregressi. Che senso ha giustificare un insuccesso riferendosi ai successi precedenti? E’ come se uno studente bocciato all’esame di maturità del liceo non avesse colpe in quanto sempre promosso alle elementari e alla medie. Ci sembra davvero un modo comodo per sfuggire all’analisi dell’attualità rifugiandosi nell’ovvietà che fa rima con banalità.
Condannati all’ergastolo
Detto questo, purtroppo conta poco assegnare le colpe, anche se si trovasse il vero colpevole cambierebbe poco. La Pro Patria è stata condannata a qualcosa che ricorda l’ergastolo se pensiamo a quanto sia complicato ottenere la libertà dalla serie D. Pensare che non esistano reati e condannati è davvero esercizio pleonastico, ma la pena la sconteranno anche gli innocenti, ossia i tifosi, che mai come quest’anno hanno cercato di far capire quello che in via Cà Bianca non hanno capito a lungo e che è costata la categoria. Un cambio di allenatore dopo sette sconfitte consecutive e un campionato negativo come quello dello scorso anno, è stata scelta autolesionistica della quale devono rispondere Patrizia Testa e Sandro Turotti e nessun altro. Poi, il budget è quello, si sapeva e non è una colpa, la dimensione della rosa è quella di sempre e si sapeva, ma, con tutto rispetto parlando Riccardo Colombo non è Ivan Javorcic e nemmeno Massimo Sala e questo lo capiscono anche quelli per i quali si erano spese parole poco “fair” che alludevano in maniera ironica a presunti corsi fatti a Coverciano da parte dei tifosi irriverenti. Non serviva il corso a Coverciano, ma solo buonsenso che evidentemente era presente ovunque, tranne dove serviva. Si è protetto “il figlio della Pro Patria”, ma non la Pro Patria mandato la vacca nelle verze, perdendo la categoria, spatrimonializzando la rosa della prima squadra e il settore giovanile. Se a voi piace così e la colpa è sempre degli altri, allora alziamo le mani, ma consentiteci di non applaudire.
La parola alla difesa
Intanto si attende che qualcuno prenda la parola e spieghi quello che c’è da spiegare, ossia il futuro. Per ora, ha parlato solo il Direttore Sandro Turotti. Titolo che andrebbe più spesso qualificato con “sportivo” e non con “generale”, perché questo fa tutta la differenza del mondo. Va bene che l’organigramma in casa Pro Patria è molto snello e verticale, però in questi casi un conto è che parli il direttore sportivo, un altro il direttore generale. In genere, se manca il secondo è la proprietà che dovrebbe parlare e rispondere ai quesiti dei tifosi. Fin ora, a parte il social entertainment riservato ai selezionati followers, non si è ascoltata la cosidetta voce del padrone.
Atene tace, Sparta non parla
Se Atene tace, Sparta non parla, la Fiduciaria che aveva fatto sapere di esserci anche in caso di serie D non ha ancora fatto sapere come ci sarà, con che ruolo, con che programmi e con quali aspettative. Il morto è ancora caldo, direte voi, sono passati solo un paio di giorni e questo è vero, ma si sa come sono i tifosi e quali siano le loro preoccupazioni. Visto che il “regalo di Natale”, che si è materializzato dopo la Befana, ha avuto ormai tempo e modi per valutare tutti gli eventuali scenari del prossimo anno, i supporters si aspettano una uscita nel breve che rassicuri o comunque informi su cosa bolle in pentola in Via Cà Bianca.
Società per promozione?
Facile pensare che quanto anticipato dalla stessa Patrizia Testa qualche tempo fa sulle colonne de “La Prealpina” sia l’ipotesi più accreditata. Ossia, che il gruppo di minoranza che pensava e si augurava di gestire una squadra professionistica pagando il prezzo per essa, ora che i biancoblu sono nei dilettanti chiedano uno sforzo comune per garantire la promozione e quindi si continui a braccetto con l’attuale maggioranza. anche per ridare valore a quanto oggi ha subito un tracollo economico. Ovviamente, le percentuali parlano chiare, ossia la minoranza investirà la metà del totale deciso dalla maggioranza che avrà l’ultima parola sulla cifra. Questa cifra potrà aprire scenari molto ambiziosi, ambiziosi, o solo speranzosi.
D come Difficile
In serie D languono da tempo squadre come Piacenza, Ravenna, Pistoiese senza che budget importanti abbiano garantito la promozione. Lo stesso Desenzano, società ambiziosa da sempre, ha messo sul piatto della bilancia un budget stellare per la categoria senza risulti apprezzabili. Poi, il tifoso tutta concretezza e poco affine alle analisi complicate, ha già detto che: ”Se chi sti chi che son veniu chi pà andà in serie B, i podan nò non andà su da a serie D, se nò son i soliti farloc”. Pensiero che ha il suo perché nella sua fin troppo scontata semplicità, visto che sembrerebbe più facile andare in serie B che salire dalla serie D. Poi, esisteva una cosa che era ancor più semplice delle due, ossia rimanere in serie C, ma avendo fatto poco niente per farlo la colpa dei padri ricadrà sui figli ( non della Pro Patria, questa volta)
Flavio Vergani