Nel 1981 ho pubblicato il mio primo libro dedicato ai 100 anni di fondazione della Pro Patria et Libertate. Esaltato dalla ricostruzione di quella straordinaria cavalcata nel tempo, avevo lanciato l’idea di dedicare alla Pro Patria un Museo. Intendevo allora un museo non solo calcistico perché la Pro Patria era una società polisportiva e alle origini praticava soprattutto ginnastica e scherma. Nella sede di via Ariosto esisteva infatti un ricco archivio e anche una serie di coppe e diplomi (anche ottocenteschi!) che mi sembravano l’ideale per costruire una rassegna museale. Come sempre accade, ad ogni spirare di venticelli elettorali qualche politico mi contattava e poi faceva sua l’idea del Museo. Ma non doveva essere un progetto brillante perché tutto cadeva nel vuoto. Nel tempo le cose sono in parte cambiate e sotto la guida di un dirigente illuminato come Cesare Vago (con la consulenza di Giancarlo Toràn) la sezione scherma, entità autonoma dal 1952, ha creato coi propri mezzi un Museo della scherma che risulta tra i migliori d’Italia. Tra alti e bassi legati alla tormentata storia calcistica della Pro Patria, qualche anno fa Andrea Fazzari ha avuto la coraggiosa idea di raccogliere diverso materiale storico riguardante la Pro Patria calcio in vista della creazione di un Museum, che è stato infine ospitato nei locali sottostanti la tribuna centrale. Pur potendo mostrare solo una parte della ricca collezione, il Museum – aperto durante le partite casalinghe dei tigrotti – ha raccolto molti e meritati plausi (anche da parte dei tifosi ospiti), e ha comunque mantenuto viva e concreta una tradizione altrimenti destinata a scomparire a livello documentario. Come è noto ai frequentatori dello Speroni, ultimamente vari ostacoli e incomprensioni hanno impedito l’accesso al Museum. Poste queste premesse vengo al dunque. Nella recente presentazione della nuova stagione 2025-26 l’avvocato Rosanna Zema, rappresentante della Finnat Fiduciaria, ha spiegato con entusiasmo l’intenzione di rafforzare il brand commerciale della società, facendo anche leva sulla sua illustre e invidiabile tradizione. Chi scrive le ha chiesto se in questa prospettiva si fosse pensato di valorizzare, come merita, il Museum. La risposta è stata positiva, anche se, come ovvio, la nuova società ha molti impegni pregressi da risolvere.
A questo punto della discussione, ha preso la parola la Presidentessa Testa, la quale ha spiegato la sua posizione rispetto alla questione Museum. Da quanto ho compreso, la situazione è la seguente: 1. I locali del Museo sono di proprietà del Comune e sono stati dati in uso (credo gratuito e sino al 2030) alla Società Pro Patria; 2. A parere della Presidentessa, il brand Pro Patria appartiene alla Società, ergo, per proprietà transitiva, il Museum sarebbe della stessa perché esso ne sfrutta e propone l’immagine. Da qui la decisione di usare i locali anche per altri scopi commerciali o di immagine. A rafforzare tale concetto la signora Testa ha fatto l’esempio dello Juventus Museum di proprietà della Società.
Detto ciò, sorge un problema concreto quanto banale. Uno spazio museale è per sua natura un raccoglitore di oggetti e di memorabilia, ma diversamente dalla Juventus la Società Pro Patria attualmente non sarebbe assolutamente in grado di allestirlo per il semplice fatto che non ha conservato quasi nulla (mi è stato confermato più volte da varie dirigenze) della storia passata, e quindi i locali adibiti a museo resterebbero vuoti o quasi. Chi invece possiede tali materiali e documenti, frutto di lunghe ricerche, di acquisti e donazioni, è appunto l’Associazione Pro Patria Museum onlus, quella che finora ha riempito e gestito gratuitamente le sale espositive. La morale è semplice. È nell’interesse delle tre componenti (Comune, Società Pro Patria e Museum) mettersi intorno a un tavole per discutere e trovare una forma di convivenza e anzi di sinergia che accontenti e rafforzi tutti, mettendo a disposizione della comunità cittadina la struttura museale che in alcune occasioni può trasformarsi in qualcosa di diverso, come auspicato dalla Presidenza. Nessuna delle tre componenti può fare da sola; e quindi bisogna mettersi d’accordo inventando qualche forma ad hoc, tipo comodato. Credo che a questo tavolo dovrebbe sedersi anche l’Assessore alla Cultura; sarebbe un segnale importante per il futuro dello sport bustese.
Alberto Brambilla