Chi c’era…ricorderà

La partita era sempre alla domenica, alle 14,30, solo in primavera si spostava di mezz’ora. Il motivo perfetto per non andare all’oratorio, una giustificazione che il prete non accettava, ma noi eravamo convinti che Dio fosse con noi.  I distinti si chiamavano popolari scoperti, la curva era d’angolo, il Pistocchini distribuiva i Tigrottini all’ingresso e chi arrivava tardi doveva sperare che ne rimanesse uno sugli spalti lasciato da chi lo utilizzava come cuscino. C’era un bar, ma il Gioggi faceva servizio al posto, precursore degli attuali riders. Non c’era niente per sapere cosa facessero gli altri, solo l’altoparlante dello stadio, che a quei tempi se sentiva molto bene e che dava i parziali a  fine primo tempo e poi si dimenticava di darli a fine partita, lasciando i tifosi sugli spalti per ore ad attenderli. Non c’erano gli stewards che cacciavano fuori perchè”dobbiamo chiudere”. C’era il post partita fuori dagli spogliatoi, dove si attendeva il pullman degli avversari, quasi mai per applaudirli. I numeri dei giocatori andavano dall’uno all’ undici, il portiere era vestito di nero e l’arbitro pure. In panchina le riserve, in campo quelli  bravi. Le sostituzioni? Spesso un dramma, usciva chi sapeva giocare, entrava un giovane che oggi farebbe la serie B, ma la gente storceva la bocca. Il portiere di riserva per anni non ha mai visto l’erba dello Speroni, a meno che non si andasse avanti in Coppa Italia, anche a quei tempi non gliene fregava una cippa a nessuno. C’era il posteggio interno per i tifosi vip, gli altri al “Maracanà”. Se conosci chi era alla porta, entravi gratis, i biglietti erano quelli del cinema, senza nome e senza storia il possessore che lo comprava ai botteghini senza oneri accessori. Per sapere qualcosa di quello che avevano detto allenatore e giocatori nel post partita dovevi rimanere a lungo fuori dagli spogliatoi e intercettare prima il Fusetti, poi il Peron che però non avevano il computer, ma dovevano correre a casa a scrivere il pezzo e spesso ti liquidavano con due parole di circostanza. la sintesi era, compra la Prealpina domani. Oppure la Spinta, che usciva il pomeriggio, come la Notte. Giornalisti veri, che frequentavano una redazione, vivevano di notizie cercate ovunque, senza accontentarsi delle solite quattro cose di comodo che le società comunicano da sempre e alla quali credono soli i babbei, il cui pensiero critico fa rima con il talebanismo e la capacità di avere un parere sacrificato da lingue di velluto a coste fini firmato Visconti di Modrone. Ogni tanto arrivava il nome dalla serie A che faceva sognare in grande: Morini, Basilico, Massimelli, Tramezzani, Sabatini, Bonafè, gente che dava del tu al pallone che si affiancavano a talenti del posto o anche non del posto come: Frara, Bardelli, Pietropaolo, i fratelli Bosani, Brunini, Navarrini, Frigerio, Rovellini, Marchetti o quel centrale di difesa che pochi ricordano per la sua apparizione di soli sei mesi a Busto, forse il più forte degli ultimi decenni, che si chiamava Ricci. Non c’era internet, you tube, i social e la pletora di opinionisti digitali che, più che cercare le notizie negli angoli nascosti, copiano e incollano quello che leggono e quello che gli dicono, stimandosi per l’alto profilo dettato non dal consenso, ma spesso dalla compassione , dalla indifferenza o dalla tenerezza di chi non nega un complimento a chi gli regala un commento.

Il Lunedì era il giorno sacro del calciatore, il Martedì pomeriggio al ripresa degli allenamenti, c’era molta gente anche all’allenamento, per commentare di persona e con gli altri la partita, non da soli, a casa, con un social. C’erano pensionati, ragazzi giovani col Ciao Piaggio, che subito dopo la scuola correvano alla stadio. Pochi disoccupati, perchè a quei tempi erano pochi quei pochi cercavano lavoro, la Pro Patria non gli dava da vivere e passava in secondo piano, come è giusto che sia.

C’erano anche le biciclette, portarle dentro allo stadio non era semplice, spesso rimaneva fuori col lucchetto tra i raggi e le bestemmie dei tifosi.

Oggi, tutto questo non c’e più, si gioca questa sera alla 18,30 , è martedì. giocheranno in sedici, con i numeri del lotto sulle maglie, tutto è più comodo: popolari scoperti, ora coperti, nessun giornale sotto al sedere, ci sono le poltroncine ( al limite portatevi uno straccio per pulirle), l’altoparlante si sente si , ma spesso no, dopo la partita tutti a casa olè, dopo un minuto dalla fine in segreteria consegnano già le pagelle e qualche professore, con la laurea ad honorem, si improvvisa opinion leader scrivendo a tinte uniche la sua realtà, mostrando grande propensione al pensiero unico e nessun rispetto e considerazione verso chi annacqua le sue certezze certificate da un non si sa quale imprinting  che non sia il solito del follower col paraocchi.

Per cui, Pro Patria contro Pro Vercelli, facciamoci andare bene, il giorno, l’ora, facciamo finta di niente su tutto il resto e speriamo di muovere la classifica. Mister Colombo ha fatto sapere che loro sono temibili, anche se depotenziati da bomber Mustacchio squalificato, ma, si sa, in questa categoria niente è facile, perchè difficile è la categoria stessa, che fatica a vivere del passato ma non riesce a trovare una dimensione nel presente. Nonostante sembri tutto più bello rispetto a prima. Il segreto dei giovani che non hanno il background della storia e si esaltano per il poco, giusticati dal fatto che non hanno mai visto il molto.

Beati loro che lo possono fare, gli altri guardano e sorridono, alla fine, pensavamo di aver visto il peggio, ma, alla fine, quella serie C era meglio di questa e, chi l’avrebbe mai detto, di essere stati comunque fortunati?

Flavio Vergani

 

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