La Bacheca dei ricordi: Lumezzane – Pro Patria (1996)

16 Giugno 1996

Lumezzane

Bianchessi, Abeni, Bertoni, Paleni, Zola, Botti, Sella, Sonzogni, Zanin, Lazzarin, Preti.

Allenatore: Trainini

Pro Patria

Righi, Guida, Paganini, Bandirali, Brambilla, Tubaldo, Brizzi, Tutone, Vitalone, Labadini, Ferretti

Panchina con : Morgandi, La Falce, Macchi.

Allenatore Beretta.

Presidente Tosolini

Vice Presidenti: Ferrario, Mancini, Della Valle.

Amministratore Unico: Caravatti

Direttore Sportivo; Orioli

Il 69, questa volta, non è stato il numero del piacere, ma il minuto nel quale Salvi bucava Righi e fermava la corsa dei tigrotti nei playoff. All’andata fu un pareggio a reti bianche.

Quel giorno, i colori biancoblu invasero la città bresciana per spingere i ragazzi di Beretta, privi della punta centrale Gori, verso il sogno della promozione.

Un calcio d’altri tempi, un calcio ruspante, proprio della categoria, che si chiamava C2 e comprendeva Virescit Boccaleone ( giocava all’oratorio e il Marco Magni invase quello femminile a caccia  di gloria), Torres, Lecco, Varese, Olbia, Tempio, Solbiatese, Valdagno, Pro Vercelli, Cittadella, Pavia, Cremapergo, Legnano, Ospitaletto e Palazzolo.

Si giocava di domenica, sempre alla stessa ora.

L’8 Ottobre 1995, la Pro Patria stende il Legnano con goal di Tubaldo di fronte a 3800 spettatori.

Il 9 Giugno, semifinale di andata col Lumezzane a Busto di fronte a 4500 spettatori.

Sono passati 27 anni e torna il Lumezzane, venerdi sera, alle 20,45. Ci saranno, forse, 500 spettatori, zoccolo duro di chi non si arrende alla scelta della Lega che, con la complicità delle società,  ha deciso di rendere il calcio uno spettacolo da palinsesto televisivo, svuotando gli stadi. Un balance evidentemente redditizio per tutti, tranne per i tifosi chiamati a imprese impossibili per vedere dal vivo partite sempre meno spettacolari e coinvolgenti, per il semplice fatto che se allo stadio manca il patos trasmesso dai colori e dai calori del pubblico, tutto diventa freddo, sterile e poco coinvolgente.

Inutile scandalizzarsi per una realtà voluta e accettata dai suoi protagonisti che, in cambio di soldi e visibilità degli investitori commerciali, hanno sacrificato le emozioni che ancora traspaiono in chi quel 16 Giugno 1996 era presente a Lumezzane e ancora ricorda quella traversa colta da Labadini, l’espulsione del portiere Righi, il quasi goal di Vitalone a pochissimo dal termine che avrebbe regalato la finalissima o le speranze sui pullman diretti verso Lumezzane ( erano tanti) del Pro Patria Club e la cocente delusione condivisa al ritorno, quando si sentiva solo i ronzare del motore.

Un calcio che coinvolgeva dirigenti del territorio, basta guardare chi era al comando della Pro Patria quell’anno. Gente del territorio, gente che amava il calcio con passione. Oggi, le cordate chiedono quali siano gli asset di una società, prima della due diligence e, se come accade a Busto, il campo in sintetico è un sogno da anni, gli altoparlanti dello stadio non si sentono da sempre, il posteggio è stato colonizzato dai vicini e se la curva è chiusa per squalifica, nei distinti si muore di sete, competere diventa difficile e spesso il grazie e arrivederci a mai più è il finale di trattative mai decollate.

Torna il Lumezzane che ha fatto giri immensi prima di tornare in categoria, ha sfiorato il sogno della serie B, è caduto negli inferi della serie D, per poi ritrovare la serie C. Un percorso che certifica la difficoltà per tutti di mantenere stabilità del progetto spesso fuori misura per determinate piazze per le quali la serie D è poco, ma la serie C è troppo.

Di quel girone del 1996, dove sono finiti Legnano, Varese, Valdagno, Pavia, Tempio, Ospitaletto e Palazzolo? Spazzate via dal professionismo a tutti i costi della serie C che ha il sogno nel cassetto di diventare un B/2 con forte appetibilità commerciale. Un sogno che insegue il profitto da raggiungersi non con la vendita dei biglietti, ma con le sponsorizzazioni, il merchandising, i diritti televisivi, le valorizzazioni dei giovani calciatori che utilizzano in maniera del tutto discutibile i fondi statali per l’avviamento dei giovani allo sport.

Un viaggio verso la distruzione del calcio che indigna i pochi ancora legati alla squadra in maniera viscerale, ma accolto con rassegnazione e persino indifferenza da tutti gli altri, ormai abituati a considerare normale La una realtà nella quale chi comanda decide date e orari perfetti per il palinsesto televisivo e non certamente per i pochissimi che decideranno di recarsi allo stadio. Comando, decido e pago, questa la sintesi della strategia alla quale ci si può solo adeguare o al massimo rinunciare.

Flavio Vergani

Si ringrazia www.bustocco.it per la foto 

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