Se non ora quando (di Giovanni Toia)

E’ il momento di trasmettere ancora più affetto alla squadra. Essere vicini quando il motore
va a pieni giri è come un “vincere facile”. Se la combattività, se l’essere pugnace, se il
mostrarsi tenace sono i segni caratteristici di un vero tigrotto, allora è proprio nelle
difficoltà che deve emergere prepotente la voglia biancoblù.
Un lavoro che impegna la testa ed il cuore. La prima, per richiamare alla responsabilità il
tifoso così da sostenere il secondo perchè la passione non deve mai appassire anche se è
comprensibile lo sconforto per risultati che non arrivano e per alcune prestazioni da dietro
la lavagna.
E’ il momento di trasmettere ancora più affetto alla dirigenza. Chi ha sulla pelle le cicatrici
dei tormenti societari tra la fine degli anni Ottanta ed i primissimi del Novanta nonchè la
fine del primo decennio del Duemila, quante volte ha implorato che la Pro Patria potesse
avere dei dirigenti credibili prima che solvibili, che dessero continuità societaria ed
avessero un vero progetto calcistico piuttosto che vivere alla giornata. Non va dimenticato
che i discorsi tra tifosi riguardavano più le vicende societarie, a volte drammatiche, che
non le questioni tecniche. La partita della domenica precedente e quella prossima erano
momenti residuali nelle discussioni Si è disquisito allo stadio ed anche sulla stampa, di
bilanci, di fallimenti, di cordate più o meno fantomatiche. Si sono palesati allo Speroni
personaggi molto discutibili per non dire border line. E quelle annate non erano jurassiche,
ma solo alcuni decenni fa.
Infelice parentesi napoletana a parte, la Pro sta vivendo un periodo d’oro sul fronte
societario. Eppure le presenze allo Speroni stanno toccando il punto più basso. Complice
pure un calendario spezzatino che rispetta sua maestà la televisione, ma non la gente che è
la forza viva di tutto il calcio, ma soprattutto del pallone della terza serie. Ma complice
anche, dal lato Pro Patria, di un mancato investimento sulle persone che risale ai decenni
precedenti. Allora occorreva fare rete fra società, tifo organizzato ed istituzioni per portare
a conoscenza delle giovani generazioni il valore e la storia tigrotta. Sarebbe stato un
investimento a costo zero per tutte le componenti. E si sarebbero visti meno vuoti e più
entusiasmo. Il perchè di questa pigrizia ha qualcosa di misterioso.
Complice pure un certo strabismo dell’ambiente che ha confuso la simpatia con la
competenza e l’esatto contrario di chi a turno è stato al timone in Via Cà Bianca. Lo
insegna la recente storia tigrotta. Meglio un dirigente riservato che però ogni anno mette
gli sghei buoni sul tavolo ed una fidejussione vera oppure un dirugente che liscia il pelo
alla tifosi, li imbonisce con racconti più o meno veritieri e quando è il momento di aprire il
portafoglio lo ha dimenticato in un’altra giacca?
Ci sarà tempo per approndire il lungo racconto biancoblù. Ora è il momento di stringersi
attorno ai colori biancoblù. Spetta ai tifosi, alla dirigenza, ma anche a chi gioca, in
particolare a coloro che hanno esperienza. Occorre uscire dal campo minato in cui la
squadra si è infilata ed appunto deve farlo con l’aiuto di tutti. Critiche, mugugni,
contestazioni creerebbero solo un fossato tra ambiente e Speroni a tutto vantaggio degli
avversari con il risultato di trovarsene diversi il prossimo anno, magari in un’altra
categoria.

Giovanni Toia

(Giornalista)

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