Serve una botta di entusiasmo!

Sei un tifoso della Pro Patria a prescindere? Ossia, che vedi sempre e solo il bicchiere pieno e mai mezzo vuoto o mezzo pieno. Allora questo articolo puoi anche non leggerlo. Il rischio di non essere d’accordo su niente è altissimo, ma l’analisi ha un suo perchè per tutti gli altri.

L’importanza del brand Pro Patria

La realtà comprende altri “users”, termine rubato al marketing, ma che la realtà ci obbliga a fare. Infatti, sempre più le squadre di calcio stanno diventando dei “brands” la cui gestione obbliga ad una visione strategica, in grado di offrire un prodotto non solo ai clienti fidelizzati. Ossia, quelli che comprano sempre e comunque, a qualunque prezzo, senza considerare la concorrenza, il costo o le promozioni.

Ingaggiare nuovi clienti

Le quote di mercato però si conquistano con l’ ingaggio dei “lead”, ossia clienti potenziali non ancora acquirenti, ma potenzialmente in grado di farlo, meglio se big spender. Qualità del prodotto, distribuzione, notorietà, recensioni positive, investimenti social, cura degli assets societari, promozionalità strategica, partnership, networking e visibilità sono gli strumenti che i marketing manager utilizzano per rapire il consumatore da altre marche. Un discorso che potrebbe apparire fuori luogo se riferito alla Pro Patria, ma fuori luogo non è, perchè il calcio oggi impone tale visione. Rimanere quelli che si è per paura di cambiare potrebbe fare rima con l’estinzione. Rifiutare le logiche di marketing, sperando che tutto cambi senza che niente cambi, è da miopi e rischia di far finire il progetto in fuorigioco.

Il commento di Filippo Leonardo

Ci ha colpiti il commento di Filippo Leonardo, che a riguardo del nostro pezzo dove si comunicava lo sconto di 10 euro per i primi 50 tifosi che si abboneranno alla Pro Patria durante la festa della birra, scrive: “Dispiace, ma quest’anno non farò l’abbonamento, se devo andare allo stadio per vedere calcio scandaloso e sempre con l’obiettivo salvezza, sto a casa. Dispiace, perchè sono tifoso di vecchia data. Nell’e-commerce si parlerebbe di “carrello abbandonato”, un vero e proprio dramma per gli strateghi del marketing. Conquistare e fidelizzare un cliente costa tantissimo, perderlo, soprattutto se fidelizzato, è una sconfitta senza appello, un omicidio al famoso ritorno dell’investimento.

Una C2 chiamata serie C

Ci scrive un altro tifoso: “AlbinoLeffe, Alcione, Arzignano, Caldiero, Clodiense, Giana, Lumezzane, Pergolettese, Renate, ci vuole un bel coraggio a chiamarla serie C. Questa è una mezza C2, come pensare che la Pro Patria possa puntare solo alla salvezza con la presenza di queste squadre? Serve ambizione e coraggio, serve il coraggio di volare”.

Basta con il blasone

Infine, un ultima mail ricevuta tempo fa da parte di un tifoso che ha abbandonato lo stadio da qualche tempo, non soddisfatto dal gioco e dalla ambizioni . Scriveva: “sento parlare del blasone della Pro Patria. Quale sarebbe questo blasone e a cosa serve? Ci sono paesotti di qualche migliaio di abitanti che vengono a Busto a vincere e stanno davanti in classifica. Sarebbe ora di leggere la realtà e non vivere nel passato. Il blasone è morto e sepolto e qualcuno ancora crede che basti questo per vincere i campionati”.

Il carrello abbandonato

Sono le voci dei potenziali users, dei famosi lead,  o di chi ha abbandonato il carrello che non possono essere archiviati con la solita sufficienza che li definisce “gente che non vuole bene alla Pro Patria”, quasi che sia una colpa avere un parere diverso dal “mainstream”. La passione acceca, rende poco lucidi e fa accettare tutto pur di viverla, il distacco spesso aiuta a vedere la realtà per quella che è.  Questi contributi, che a prescindere dall’essere d’accordo o meno, dovrebbero stimolare il dibattito e facilitare la riflessione. Siamo sicuri che chi tifa e frequenta la stadio sempre e comunque ( soprattutto comunque), abbia ragione e tutti gli altri torto?

Il futuro

La Pro Patria può guardare al futuro con ottimismo, dopo un decennio nel quale si sono persi tifosi in modo esponenziale, si sono centrate salvezze con spruzzate di playoff, senza però mai nemmeno poter sognare qualcosa di più? Può la Pro Patria affidare il suo futuro nella mani di Patrizia Testa, sapendo che se la stessa dovesse decidere di passare la mano si rischierebbe l’estinzione? Quale sono gli assets che oggi potrebbero affascinare un imprenditore ambizioso? Strutture? Pubblico numeroso? Networking commerciale con la città? Nessuno di questi sono al momento presenti. Per favore, confiniamo l’entusiasmo per un campo in sintetico da allenamento, senza neppure la possibilità di una tribunetta, per non passare per “La Mabilia che va a Milano”.

Da decenni campi in sintetico sono diffusi ovunque, esultare è bene, ma passare per quelli che arrivano dal paesotto …anche no. Allo stadio non funzionano gli altoparlanti da anni, evidentemente il blasone non aiuta a ripararli. Manca un bar nel settore distinti e si esulta per quello della tribuna? Siamo abituati , anzi ci è stato imposto dalla realtà l”understatement”, ok teniamo il punto con gli stakeholders per darci un tono, ma quando siamo tra di noi, diciamoci le cose come stanno, senza ipocrisia e falsi entusiasmi.

L’impressione che la Pro Patria viva da separata in casa rispetto alla città è sensazione del tutto concreta. Che si faccia qualcosa per riannodare i fili di un affetto da tempo esaurito è al momento un’ utopia. Molti tifosi se ne stanno andando, chi in cielo e chi verso altri lidi e pochissimi arrivano a rimpolpare i gradoni dello “Speroni”. Il blasone della Pro Patria ha il suo perchè in campagna elettorale, al Baff e in occasione dei centenari. Per il  resto conta come il due di picche a briscola, quando comanda quadri.

Cosa fare?

Cosa fare? Ognuno la sua parte, come si usa dire, senza dare colpe agli altri sempre e comunque. L’esempio degli ultrà fa capire che si può fare qualcosa in più. Ultrà che trasmettono numerosità e unità, che forse dovrebbero essere considerate e presi d’esempio. Ha senso una segmentazione così vasta tra i tifosi viste le numeriche? L’unione fa la forza, ma questa unione quanto vale e quanto è unita? Pullman a parte? Si potrebbe fare di più, magari accettando il fatto che si può essere uniti anche con chi la pensa diversamente. La diversità di pensiero dovrebbe essere un asset di enorme valore, utile al confronto, al miglioramento e alla proattività. Scambiarla sempre e comunque per un tentativo di lesa maestà rende sterile quello che potrebbe generare un miglioramento continuo.

Questo per chi c’è, per quelli da conquistare, si apre il tema dell’ ingaggio. Il brand ha perso blasone, interessa sempre a meno, soprattutto ad un prezzo che non giustifica la qualità. Non solo per colpe proprie, ma anche per un mercato competitivo che propone prodotti low profile.  Diciamocelo onestamente, 15 euro per un Pro Patria Clodiense valido per il dodicesimo posto, magari alle 12. 30 di un mese invernale, sono troppi. Fosse solo questo il match a basso impatto il discorso sarebbe inutile, ma ci sono anche : AlbinoLeffe, Alcione, Arzignano, Caldiero, Clodiense, Giana, Lumezzane, Pergolettese, Renate.

Con tutto rispetto ovviamente per queste squadre, ma tutto deve avere un valore e un prezzo.

Serve una botta di entusiasmo!

Flavio Vergani

 

 

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