Domenica alle 16,30, al “Breda ” di Sesto San Giovanni, calerà il sipario sulla stagione della Pro Patria. L’umore dei tifosi non è certamente il migliore, la salvezza ottenuta mitiga solo in parte un campionato in larga parte deludente, con un finale davvero imbarazzante. Tre goal subiti a Fiorenzuola, quattro a Caravaggio con l’Atalanta, tre in casa con la Virtus Verona, lasciano l’amaro in bocca, soprattutto per il fatto che questa Pro Patria quando ha voluto le partite non le ha vinte, le ha spesso dominate. Per cui, questa spina staccata appena raggiunto l’obiettivo minimo non restituisce il vero valore della squadra. Poi, che giocare un playoff con Legnago o Lumezzane o Giana Erminio non sia il massimo della vita a livello motivazionale e probabilmente un extra costo per la società e non un guadagno è indubbiamente vero, ma il focus poteva essere diverso nei modi e negli atteggiamenti. La squadra ha dato ragione ai suoi detrattori che da sempre sposano la tesi che non ci sono ambizioni forti mosse dal sacro fuoco della voglia di raggiungerle? Sul punto il confine è labile, è la squadra che ha dato ragione ai detrattori, oppure sono i detrattori ad avere ragione? In caso di playoff avrebbero avuto torto, nel caso contrario? Per evitare fraintendimenti, diciamo che non ci riferiamo ai cospiratori, ai complottisti di ultima generazione o a chi si permette di proiettare ombre oscure sull’ambiente, ma ai realisti, ossia a non inquinati e condizionati dalla forte passione che spesso annebbia le idee e fa mancare di lucidità. Quelli che analizzano in trasparenza e con spirito onesto, ma critico, una realtà che si ripete da diverso tempo e che vede per un motivo o per l’altro, per squadre fortissime o medio forti, sempre lo stesso epilogo. Salvezza facile o quasi, percezione di potenziale alto, ma risultati post stagione, quando c’è, senza squilli. Una volta è colpa della Giana Erminio, un’altra volta di un crollo motivazionale dovuto ad una allenatore ormai con la testa lontana da Busto, un’altra volta a causa di demotivazione generalizzata che ha colpito una squadra record del 2024, sta di fatto che nulla cambia, nemmeno per sbaglio. Poi, il motivo per cui questo avviene non è uno, non sempre comprensibile e non è certamente imputabile a scelte precise ma solo a conseguenze di un profilo understatment che la società ha scelto di portare avanti per garantirsi la stabilità. Parola perfetta per definire le scelte passate e probabilmente quelle future, visto che nulla di nuovo sembra apparire nell’orizzonte societario. Una stabilità che evita gli up and down, per esempio della Pro Sesto. Lo scorso anno in volo verso la serie B, quest’anno in picchiata verso la serie D. Una stabilità che ha un prezzo da pagare, quello delle ambizioni a misura d’uomo, anzi donna. Il famoso passo lungo come la gamba. Una gamba che non per scelta, ma per conseguenza delle scelte, spesso è corta per i playoff, amputata d per la promozione. Un cammino a passi brevi che porta all’obiettivo e soddisfa i tifosi di sempre, ma delude gli spettatori, ossia quelli che vogliono emozioni forti, spettacoli affascinanti, partite ad alta adrenalina. Nessuno ha ragione o torto, trattasi solo di diverse aspettative. La parabola firmata Patrizia Testa è caratterizzata dalla parola stabilità, il progetto non è mai decollato, non si mai evoluto, in cambio di una garanzia di risultati costante. Rispetto a nove anni fa, lo stadio ha meno posteggi, gli stessi pietosi campi di allenamento, molti spettatori in meno, un isolamento societario pressochè totale con la città, con parte della tifoseria e stampa. La scelta virtuosa e apprezzabile di farcire gli undici che vanno in campo con i giovani ha portato molte soddisfazioni, ma con i giovani degli altri, visto che dal settore giovanile biancoblu, nessuno o quasi ( si attende l’esplosione di Zanaboni), ha spiccato il volo verso categorie importanti. Da non sottovalutare la perdita di un vero talento come Nicolò Ramella, addetto stampa sulla carta, ma motore di sviluppo nella realtà, che ha lasciato un vuoto davvero importante, non perchè Martina Crosta non sia all’altezza nel ruolo, ma solo perchè non svolge quel ruolo di fatto oggi missing.
Una stabilità che confina con l’immobilismo che di fatto è la condizione unica per garantire i risultati ottenuti e quindi non può essere contestato per mancanza di un’alternativa solida. Andrea Macchi, tifoso storico della Pro Patria, nel suo ” A mente fredda”, analisi della situazione dopo la gara col la Virtus Verona, disponibile sul canale Facebook di Biancoblu, diceva che “ è venuto il momento di guardarci in faccia e parlarci chiaramente su cosa vogliamo fare da grandi, è questo il nostro limite e il nostro livello? Se questo è il nostro limite e livello dobbiamo fare in modo di accendere l’ambiente abbassando il prezzo dei biglietti. Dobbiamo mettere in mano il biglietto alla gente di Busto, altrimenti, se se si vuole essere ambiziosi bisogna dirlo alla gente, dichiarare di voler vincere, Noi tifosi e i club ce l’abbiamo messa tutta, molto di più non possiamo fare, la società deve mettere in campo attività atte a riempire uno “Speroni” che è terra di conquista per gli avversari, anche perchè l’ambiente è tetro per gli spalti deserti. Serve riempire lo stadio sia con ambizioni di salvezza, sia di promozione”.
Un’analisi certamente utile per riflettere sul futuro e che centra perfettamente la necessità di trovare un modo per rianimare gli spalti oggi desolatamente vuoti, anche per scelte societarie restrittive adottate proprio mentre il fenomeno desertificazione degli spalti era in atto.
Certamente, le ambizioni fanno rima con investimenti importanti che da sempre si sa sono impossibili, ma almeno la soddisfazione di lottare sul campo dalla prima giornata all’ultima dovrebbe essere garantita, mentre quest’anno la percezione è che la squadra sia andata in ferie troppo presto.
Flavio Vergani