Distorsioni biancoblu

La partita del “redde rationem” contro i volonterosi rappresentanti del Sten del 4° reggimento Alpini del Battaglione “Aosta” ha emesso il verdetto alla fine atteso, forse scontato e temuto, del rapporto troppo lungamente consumato da una direzione tecnica non sufficientemente preparata ed una mancata sintonia di gruppo, figlia anche di una scelta di organico con elementi in alcuni casi inadatti alla categoria.

Un museo ospitante una raccolta di improbabili opere incompiute sotto la regia di un apprendista neofita alle prese con crisi di identità e visione talvolta distorta della realtà.

Stemperare il senso di frustrazione che ci assale dopo l’ennesima prestazione senza mordente richiede a noi tifosi uno sforzo mentale non indifferente nell’attesa di affrontare il successivo evento mescolando pessimismo e residue speranze come meglio non si potrebbe fare con i cocktails resi famosi dall’agente segreto per antonomasia.

Rassegnazione in parte non curabile quindi a fronte delle dichiarazioni ormai mandate a memoria e con ragnatele consolidate dei vari interventi sul palcoscenico della sala stampa alla fine dell’evento sul campo, con la valigia dei buoni propositi ormai al limite della capienza e con la ricerca quali “novelli Diogene” di qualcosa che possa costituire una ipotetica iniezione di fiducia su prospettive più rassicuranti.

Ingiusto sicuramente attribuire ad una sola persona le responsabilità di un rendimento così negativo in quanto l’analisi porta ad evidenziare altresì indubbiamente delle carenze tecniche aggravate probabilmente dalla mancata serenità nel gruppo che sembra risentire comunque di una assenza completa di organizzazione di gioco che deve caratterizzare tutte le fasi di un incontro per risolvere le problematiche che si presentano come logica conseguenza esaltando al contrario le caratteristiche delle azioni avversarie che trovano terreno fertile nelle nostre amnesie risolvendo a proprio favore le situazioni con apparente facilità.

E’ ormai a mio avviso insostenibile continuare a fornire alibi e giustificazioni alla persona che dovrebbe fornire ai ragazzi le indicazioni di come muoversi sul campo correggendo i margini di errore negli scambi dove passaggi anche semplici non completati conducono a rischi talvolta fatali nella fase difensiva ed a mancate concretizzazioni nella fase offensiva.

Forse malgrado i tentativi messi in opera non é più sufficiente agire sugli aspetti mentali ma occorre trovare forse antidoti di diverso spessore per interrompere una caduta verso una situazione non più rimediabile che può essere assolutamente deleteria sia per la proprietà in termini economici con perdita del patrimonio giocatori sia in termini di sconfitta di un progetto che ha permesso in questi anni il mantenimento della condizione professionistica.

Occorre quindi, ma senza indugio, individuare qualche soluzione che possa ricondurre i ragazzi innanzitutto a credere nelle proprie capacità, in quanto l’atteggiamento in campo rivela una sfiducia palese nelle azioni da intraprendere, quasi considerando i tentativi di condurle avere scarse possibilità di essere finalizzate.

Inoltre come storicamente avviene in questi casi il cambio di guida tecnica sarebbe utile per migliorare la gestione del gruppo ed ottimizzare se possibile la comunicazione con gli attori, oggi erroneamente condotta o non recepita correttamente, accentuando l’aspetto confusionale e ponendo in notevoli difficoltà i vari reparti che agiscono in modo non coordinato con le conseguenze evidenziate da molto tempo.

Non sono sufficienti le iniziative personali per garantire un risultato in quanto il singolo può assicurare qualità nel gioco ma se non sostenuto dalla coralità della squadra é solo una “voce che predica nel deserto”.

In sintesi se si dichiara amore importante per una squadra, che costituisce non solo il coinvolgimento professionale in un progetto ma anche un impegno personale, dettato dal desiderio di dimostrare la propria capacità di realizzare un nuovo compito quale prima esperienza nel ruolo, nel momento in cui i risultati non soddisfacenti rivelano difficoltà evidenti nella conduzione e gestione, sarebbe assolutamente da apprezzare ugualmente anche una decisione forse dolorosa ma utile ovvero quella di mettersi da parte volontariamente, lasciando che un eventuale sostituto possa riuscire a cogliere le criticità presenti, modificando al più presto in meglio una situazione, oggi forse difficilmente rimediabile, a causa di una ritardata tempistica nella programmazione relativa ad eventuali interventi da mettere in atto.

Sandro Lupidi

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